La regione resta saldamente nera: le prime due liste, entrambe arroccate su posizioni neoliberali, atlantiste, europeiste e filo-imprenditoriali, sono arrivate complessivamente al 95% delle preferenze. Al di là del solito gioco delle parti che “contrappone” gli europeisti liberali ai liberali europeisti, è doveroso segnalare la totale disfatta, verrebbe da dire programmata, del terzo polo, o quello che per anni si era propagandato come tale. Fatica ad arrivare al 5% il Movimento 5 Stelle, oramai in piena decomposizione, con i suoi ex elettori esuli presso le altre formazioni o ritornati nel vasto oceano dell’astensione, che rimane comunque ad un 33%. L’estrema sinistra non sfonda, vittima dell’estrema polarizzazione e dell’inflazione di partiti costretti a battersi per conquistare i voti dello stesso elettorato di riferimento.
Appare chiaro come il sistema incentrato sul bipolarismo totalmente in seno al campo padronale sia perfettamente sano, tornato in auge in maniera completa. Per opporsi ad esso non si può di certo guardare a sette che fanno della politica identitaria e delle sottoculture la loro caratteristica, sette litigiose ed incapaci di adattarsi alla battaglia odierna. Ci stiamo riferendo soprattutto ai resti di Potere al Popolo, naufragati fra transfemminismo e silenzio-assenso nei confronti dell’Unione Europea. Serve la rinascita di un terzo polo che sappia coniugare le istanze popolari e democratiche ad una lotta spietata contro l’Unione e la Nato, che sappia rivendicare la bandiera della sovranità nazionale legata a quella della giustizia sociale. Non un partito di intellettuali né un circolo autoreferenziale, ma un vero movimento che voglia tornare ad essere espressione delle masse per le masse.