di Leonardo Sinigaglia

La Zona Autonoma di Capitol Hill

Sono serviti pochissimi giorni in quel di Seattle perché iniziassero a scricchiolare le illusioni più naive di molti “insurrezionalisti” statunitensi. E’ vero, si sono ottenuti risultati tutt’altro che trascurabili: la polizia è stata battuta sul campo, la stazione di polizia dell’ ‘East precint’ è stata occupata, e nel quaritere di Capitol Hill si è dichiarata una “zona autonoma”, sorvegliata da ribelli armati ed interdetta alle forze governative. Ma, ovviamente, c’è una ma. Ed è grosso come una casa. “Punto di forza” a detta di molti di quest’atto sarebbe stata la spontaneità, la mancanza di organizzazioni e di dirigenza politica a guidare la presa del quartiere, ma se con relativa facilità ti puoi affidare alle esplosioni spontanee di rabbia per dare fuoco ad un edificio, la gestione del territorio e la difesa di esso non sono compiti che possono essere lasciati al caso, almeno se si è interessati alla lotta politica rivoluzionaria e non unicamente ad un sovversivismo sterile.

“La conquista del Tofu”

E qui i nostri generosi ma inesperti insorti hanno iniziato ad avere i primi problemi: liberata la zona dal controllo del regime statunitense, si sono resi conto che cibo, acqua, assistenza sanitaria e servizi vari non sono un qualcosa che nasce “spontaneamente” dal terreno, ma che al contrario necessitano di organizzazione, sopratutto per impedire che ad ognuno siano garantiti. E se questa manca, non si ha altra scelta che chiedere aiuto, come molti in queste ore stanno facendo tramite social.

Raz Simone, rapper e leader rivoluzionario

I senzatetto che abbiamo invitato hanno portato via tutto il cibo dalla Zona Autonoma di Capitol Hill. Abbiamo bisongo di altro cibo per mantenere funzionante l’area. Per favore, se possibile portate sostituti vegani per la carne, frutta, avena, prodotti a base di soia ecc.- qualsiasi cosa per aiutarci a mangiare“, grida disperato un rivoltoso su twitter che tragicomicamente assomiglia più ad una parodia stereotipica che ad una vera richiesta di supporto. Ma in questo caos emerge una figura: Raz Simone, all’anagrafe Solomon Samuel Simone, rapper e attivista. “Sono io la polizia ora” annuncia ai vari disobbedienti della zona, mentre lui e la sua “gang”, armati, cercano di imporre ordine alla Zona Autonoma. Generale lo sdegno dei vari pseudo-anarchici allergici alle armi e all’autodifesa popolare: “Raz Simone è diventato ciò che aveva giurato di distruggere”, piangono su Reddit. Ma Simone non è un qualsiasi oppurtunista in cerca di cinque minuti di potere, ha un piano. O almeno così si spera. Senz’altro ha capito qualcosa che è sfuggito ai suoi compagni: senza potere repressivo nelle mani delle masse popolari, non esiste rivolta vittoriosa. Benvenuto “bastone del popolo