Alcuni giorni fa è mancata la Presidentessa dell’ANPI, Carla Nespolo. Non c’è alcuna intenzione da parte nostra di unirci al coro dei “coccodrilli” che si sono sprecati, soprattutto da parte di chi, parlando di antifascismo, del coccodrillo piange anche le lacrime.

Ma c’è, sicuramente, l’esigenza di un’analisi più profonda su cosa è stato il fascismo, movimento politico che fu combattuto attivamente e militarmente dal movimento partigiano in quella parte di storia d’Italia che, almeno superficialmente, tutti noi conosciamo.

Il compagno Dimitrov la fa facile. Dice che il fascismo è “la dittatura palese della parte più reazionaria, sciovinista ed imperialista del capitale finanziario” (nell’ottimo rapporto che potete trovare integralmente in lingua inglese qui https://www.marxists.org/reference/archive/dimitrov/works/1935/08_02.htm e del quale consigliamo la lettura).

La fa facile ma la fa anche difficile, perché tale definizione ha un senso completo solo per una persona che segua, conosca e riconosca come valida la teoria Marxista-Leninista. Non a caso fu il rapporto finale di un congresso dell’Internazionale Comunista stessa.

Fuori da quel contesto, la definizione appare talmente fredda, distante, tecnica, da risultare praticamente incomprensibile, o sicuramente poco applicabile alla politica odierna.

Quindi, per capire cos’è stato e com’è stato vissuto e presentato il fascismo a chi marxista non era, dobbiamo trovare un’altra fonte.

Fortunatamente ce l’abbiamo, perché lo stesso Mussolini, con l’aiuto di Gentile, si premurò di scrivere alla fine degli anni venti “la dottrina del fascismo“, manifesto politico appunto dell’infame movimento. Scritto anni dopo il reale avvento del fascismo stesso e corrispondendo, anche in questo suo atto di genesi, in pieno alla sua stessa dottrina.

Le idee fondamentali del fascismo – scopriamo- non sono né tante né poche, ma sono 13, rigorosamente numerate. E sono anche brevi. Probabilmente questo breve scritto, che molti giudicheranno (sicuramente con una parte di ragione) superficiale ed incompleto, sarà una stesura più lunga dei principi stessi. Tale è la corta misura della portata politica ed ideologica del fascismo stesso. Ciononostante questo è, e viene quindi logicamente da pensare che uno stato la cui organizzazione politica corrisponda ai 13 punti elencati da Gentile e Mussolini sia necessariamente fascista, per sua stessa definizione.

Andiamo a vederli, con la premessa che per ognuno di essi saranno citati brevi e significativi estratti per (spero) ovvi motivi.

1) “Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro.”

Questo è il primo punto, ed è gia importante. Ci dice infatti non tanto COSA SIA il fascismo ma come esso opera, come rappresenti l’azione di forze presenti in un determinato periodo, e che si inserisce all’interno di quelle stesse forze. Già da qui vediamo la differenza col lapidario “tutta la storia è la storia della lotta di classe” a cui ci abitua Marx. Mentre Marx prende la decisione di risolvere una volta per tutte la lotta di classe, il fascismo si inserisce all’interno delle forze in gioco ed opera all’interno, cambiando pelle e faccia a seconda del bisogno. Questo ci dice, come a conferma, che qualsiasi società può diventare fascista, perché l’ideologia si contestualizza volta per volta a seconda delle forze in gioco. Quindi anche la nostra.

2) “Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l’uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo.”. L’uomo fascista “sopprime l’istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l’individuo, attraverso l’abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell’esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo”.

Il sacrificio individuale diventa quindi inevitabile. Bisogna sacrificarsi per il bene comune, la sofferenza è non solo ineluttabile ma persino piacevole. Attraverso il sacrificio delle voluttà e dei piaceri “terreni” si concretizza in pieno la certezza di fare del bene per la collettività. Non so se questo discorso appare attuale in questo periodo, ma direi proprio di si.

Ed è un discorso molto distante dall’intera teoria socialista, che punta ad affrancare i lavoratori dala loro condizione di miseria, e di garantire cioè quella voluttà e quei piaceri “materiali”

3) Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all’uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla.

Questo punto calza talmente a pennello con la visione attuale della società da far risultare imbarazzante qualsiasi analisi ulteriore.

4) La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita «comoda».

Questo punto in qualche modo è diretta conseguenza dei punti precedenti. Invocando il sacrificio totale e  imponendo una società dove tutto va “guadagnato”  (o meritato) è essenziale che gli esclusi si sentano comunque partecipi del sistema stesso, e che vedano le loro privazioni come conseguenza diretta della loro inadeguatezza o incapacità. Il povero convinto che la sua povertà sia giusta o meritata è colonna portante del sistema fascista.

La comparazione con la visione marxista è imbarazzante, ma vale la pena soffermarsi sul fatto che invece questo concetto è talmente radicato ormai nella nostra società da apparirci quasi normale. Ricordiamoci, il fascismo si adegua e cambia pelle.

5) Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore.

Ciò che si fa si fa per obbedire ad una “legge superiore”, forse non scritta ma comunque riconosciuta. L’uomo non si fa le sue leggi, ma deve sempre obbedire ad un bene superiore non scritto: non è realmente artefice del suo destino. L’unico modo, in fondo, per istituzionalizzare l’ingiustizia.

6) Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra […] Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione.

Qui il fascismo rinuncia del tutto all’idea di uno stato sociale: non è possibile, dice sostanzialmente, far star bene tutti. Accontentiamoci, e gestiamo le emergenze mano a mano che si presentano.

Non so se vi ricorda qualcosa.

7) E se la libertà dev’essere l’attributo dell’uomo reale, e non di quell’astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. E’ per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell’individuo nello Stato. […] In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.

Qui il fascismo si esprime sulle libertà individuali, accettate solo fintanto che esse non recano danno allo stato stesso. Ogni altro tipo di libertà il fascismo non la considera “una cosa seria”. Cosi nega ogni tipo di lotta sociale o relativa alle libertà individuali: ogni richiesta di libertà al di fuori del tracciato fascista non è semplicemente meritevole di alcuna considerazione, essendo vista semplicemente come ridicola. Direi che ultimamente la nostra società ha fatto passi da gigante in questa direzione.

8) Né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l’unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell’orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell’unità dello Stato.

Questo l’ho messo intero perché è importante, rappresenta da solo gran parte del vero punto del fascismo. Esso si pone come arbitro dello scontro sociale: né dalla parte del socialismo (figuriamoci) e nemmeno dalla parte dello scontro sindacale classista, dove lo stato si limita alla gestione dell’ordine pubblico lasciando lo scontro alle parti sociali : il fascismo si incarica di prendere le istanze delle classi sociali, decidere, e poi imporre il suo compromesso ad entrambe. Un po’ come se dirigesse gli stati generali, per dire.

9) E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev’essere, qualitativamente e non quantitativamente.

Serve altro? In questo senso il fascismo indirizza chiaramente il potere politico ad una “minoranza meritevole” sottraendolo al volere dei più, in totale contrapposizione dal concetto di democrazia marxista, che vede proprio nell’emancipazione della massa lavoratrice la propria realizzazione.

10) La nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un’effettiva esistenza.

Qui c’è il nazionalismo fascista. Il popolo esiste solo in quanto soggetto alle leggi dello stato, ed il confine amministrativo dello stato – nazione stabilisce cosa sia un popolo. Va da sé che ogni popolo che non abbia la forza di imporre dei confini tipici dello stato-nazione borghese non ha motivo né senso di esistere in quanto debole, e quindi costretto a sottostare alla legge dello stato-nazione militarmente superiore. Anche qui, siamo completamente agli antipodi del pensiero Marxista-Leninista sull’autodeterminazione dei popoli, ma non possiamo non vedere le analogie con le situazioni contemporanee, dalla Palestina alla Catalogna.

11) La nazione come Stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte. […] Cosi può adeguarsi alla natura dell’umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità.

L’imperialismo. “se puoi conquistarli, conquistali”. Gli altri popoli non hanno diritti, conta solo l’espansione del proprio stato.

12) Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell’uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela

Qui si torna ai primi punti, quasi a sottolinearli: il fascismo non può ridursi ad una semplice gestione dell’ordine pubblico, ma deve pervadere ogni istante della vita, dev’essere parte integrante della morale di ogni cittadino. Lo scontro sociale non deve essere solo illegale, deve essere percepito come sbagliato.

13) Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d’istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale.

E con l’ultimo punto arriviamo alla fine di questo brutto viaggio : di nuovo si sottolinea il presunto valore morale della dottrina fascista : essa non è soltanto applicazione di leggi, ma soprattutto un modo di concepire la vita. Una convergenza di interessi.

E arriviamo anche alla conclusione, che per qualcuno sarà troppo imprecisa o frettolosa ma che secondo me è invece molto importante. Riflettiamo su cos’è questo maledetto fascismo. Perché, mentre spesso l’antifascismo si manifesta contro gli attori politici più sfacciatamente schierati in tal senso (fortunatamente, e lasciatemi dire che è una vergogna che vengano imbastiti veri e propri maxi processi nei confronti di cittadini “colpevoli” solo di protestare contro smaccate e palesi violazioni della disposizione costituzionale antifascista), spesso non viene contrastato nella vita di tutti i giorni. Forse non ci rendiamo conto che il fascismo ha cambiato pelle, si è inserito nelle forze esistenti, come dice Gentile, e le ha plasmate e spinte esattamente dove voleva lui. Perché il fascismo non è né un partito né un movimento, ma un metodo di governo.

Un metodo di governo che si basa sull’esclusione sociale graduale o repentina di chiunque non sia ritenuto meritevole. Sulla colpevolizzazione degli esclusi, degli emarginati. Su presunte giustificazioni morali all’imperialismo internazionale al quale il popolo italiano è ormai asservito.

Forse in questi giorni in cui è venuta a mancare la Presidentessa dell’Associazione Partigiani vale la pena di riflettere se, mentre eravamo distratti a contestare figuranti col fez ed il saluto romano, forse il fascismo non sia sgattaiolato alle nostre spalle e non si sia ormai inserito nel sistema di forze italiano, fascistizzandolo poco alla volta, facendoci credere che questa fascistizzazione fosse in qualche modo un “sacrificio necessario” simile a quelli di cui parlava Gentile.

Una nazione di schiavi contenti di essere schiavi, poveri che vedono nella loro stessa povertà una conseguenza logica della loro inadeguatezza.

Forse può valere la pena valutare se la repubblica italiana non sia diventata ormai uno stato con un sistema nei fatti fascista e pertanto, per sua stessa definizione costituzionale, immeritevole di esistere.