Domani la Whirlpool di Napoli chiuderà i battenti. Qualche punto in meno del PIL per i nostri governanti, disperazione e povertà per i lavoratori che hanno speso anni della loro vita dentro le mura di quella fabbrica per vedersi poi privati del diritto al lavoro dalla multinazionale statunitense, letteralmente buttati in mezzo a una strada come macchinari che non servono più, per non parlare poi delle conseguenze disastrose che subirà l’intera città di Napoli. La Whirlpool, dopo aver beneficiato di 100 milioni di aiuti pubblici e dopo numerosi tavoli istituzionali, ha deciso di chiudere. Così funziona quando il potere economico delle multinazionali e del grande capitale incontra una politica corrotta da decenni, che non rappresenta più nessuno se non se stessa nei numerosi teatrini che mette in scena ogni volta che sorge un problema sociale, per poi non concludere mai nulla di concreto. Questo succede perché risolvere determinati problemi, strutturali nell’economia e nella società italiana, significherebbe rompere determinati paradigmi del capitalismo e del neoliberismo europeista, ed imporsi con forza ai poteri forti, economici, politici e finanziari, interni ed esterni, che tengono in pugno i politici stessi, privi di senso dello Stato e senza rispetto del mandato di rappresentanza conferito loro dai cittadini.
La nostra Costituzione, eppure, permette azioni ben più coraggiose di quelle finora intraprese per affrontare i problemi della fabbrica. Forse perché chi la scrisse aveva in mente una gerarchia delle priorità ed era fedele a dei principi un po’ diversi da quelli degli attuali politicanti, i quali sono ridotti a meri esecutori, a burocrati senza visione politica né autorevolezza, né umanità. Leggiamo infatti all’articolo 43: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.” Quindi, quel che manca come sempre non sono né gli strumenti giuridici, né le possibilità, quel che manca è una classe dirigente che abbia la volontà di attuare determinate politiche economiche, che sono possibili e necessarie.
La proprietà straniera e privata delle grandi fabbriche e dell’industria mina inoltre la sovranità dello Stato, in quanto, come anche sopra già accennato, a decidere le sorti dell’economia nazionale e dei lavoratori sono dei privati, che, con il loro agire, privano questi ultimi e la collettività tutta di diritti inviolabili garantiti dalla stessa Costituzione: il diritto al lavoro, il diritto ad un’esistenza libera e dignitosa. Che Paese è quello in cui un privato ha questo potere e quelli che dovrebbero essere i rappresentanti dei cittadini stanno a guardare inermi e accondiscendenti la disperazione della stragrande maggioranza dei lavoratori?! Gli operai della Whirlpool in questi giorni, già difficili a causa delle regole imposte dall’ultimo DPCM, sono scesi in strada, hanno bloccato l’autostrada A1 per circa due ore. Anche il sindaco De Magistris e l’assessore Buonanno chiedono con forza di non chiudere lo stabilimento e hanno lanciato l’iniziativa “Se chiude Whirlpool si spegne Napoli” che prevede nella giornata di oggi 30 ottobre, a partire dalle 19.00 lo spegnimento delle luci delle sedi istituzionali, aziendali, sindacali e sociali. Anche i cittadini potranno, come appoggio alla protesta, spegnere le luci delle proprie case o dei piccoli uffici, rimanendo al buio per manifestare il dissenso verso la chiusura della sede Whirlpool di via Argine.
Appoggiamo in toto le proteste degli operai, siamo a loro fianco e auspichiamo che la fabbrica non chiuda. Se anche ciò avvenisse, non deve però indurci a credere che in futuro sarà diverso: si ripresenteranno gli stessi problemi, se non a Napoli altrove, perché sono intrinseci al sistema in cui viviamo. Quindi se tenere aperto lo stabilimento è una misura essenziale ora, noi sappiamo che l’unica risposta a lungo termine è il cambiamento radicale della società e dell’economia italiana in senso socialista.