DEL PROFESSOR MUSTAFA YOUNIS

pubblichiamo con piacere l’interessante articolo del professor mustafa younis sull’attività politica e i progetti di riforma di saif al-Islam, figlio di muhammar gheddafi

Chi era Saif al-Islam? In che misura la globalità e la complessità della sua ideologia siano concrete nel realizzare del cosiddetto progetto “Libia domani”? Cosa sarebbe stato del “Paese affacciato sul Mediterraneo”, se non fossero accaduti i fatti del 2011? Cioè, cosa ne sarebbe stato della Libia, se il paese avesse avuto il tempo di realizzare “le riforme” auspicate da Saif al-Islam? Negli nove anni successivi all’intervento della Nato, si potrebbe sostenere che nessuno dei contendenti abbia mostrato alcun interesse per le sorte del popolo libico. Gli eventi attuali passano su tutta la popolazione come un carro armato, eccettuate le minoranze, legittimate e non, che si spartiscono il potere. Si potrebbe dire che i due governi (il Governo di Accordo Nazionale di Tripoli e quello di Tobruch) abbiano totalmente fallito il tentativo di risolvere la crisi creata dall’intervento della NATO e con le stesse responsabilità, se non di più, da alcuni paesi arabi. Inoltre, la perdita della sovranità della Libia e la guerra civile (che ha provocato lo strappo del tessuto sociale e causato ancor più vittime) crea altri aspetti non meno importanti che il popolo libico si trova ad affrontare: il deterioramento del settore dell’istruzione e della sanità, l’interruzione continua della rete elettrica, la carenza di fondi nelle banche, gli alti prezzi, la diffusione delle armi, oltre che dei furti e dei rapimenti ecc.

In base a questo, o in altre parole, per tali addurre ragioni, spunta nuovamente il nome di Saif Gheddafi sul scenario politico in terra libica. Tale ipotesi potrebbe essere dedotta anche da molte analisi[1], che osservano che Saif, pur un mandato di arresto sia stato emesso nei suoi confronti dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja per “crimini di guerra”, sarebbe più che mai disposto a svolgere un ruolo politico per aiutare a risolvere le critiche e complicatissime situazioni nelle quali si trova l’ex Jamahiriya attraverso una riconciliazione nazionale completa che porti all’unificazione del paese. Infatti, sulla base della sua esperienza garantito dall’appoggio di un ampio segmento di giovani libici e delle tribù (sotto la guida del Consiglio Supremo della Tribù e delle città libiche) che sostenevano e ancora sostengono le idee di suo padre, tutto ciò potrebbe rappresentare un forte motivazione per aiutarlo un giorno ad arrivare alla vetta del potere in Libia[2].

In effetti, Saif al-Islam Gheddafi (nato a Tripoli il 25 giugno1972) veniva considerato come la probabile nuova giuda del Paese. Siamo agli inizi del secondo decennio del 2000. Saif al-Islam il secondogenito del colonnello libico non era considerato a pieno titolo un socialista come suo padre, sembrava piuttosto un uomo di apparenti tendenze liberali. Secondo una buona parte degli oppositori del suo padre ma anche a parere dell’occidente, lui era un uomo che avendo molte cose da fare avverte l’importanza del suo ruolo nel sistema della Jamahiriya del padre: progettare molto per migliorare la libertà del popolo significa investire anche in cultura, progresso, evoluzione e democrazia[3]. A parte qualche voce discordante, sembrerebbe che Gheddafi padre sperasse di poter proporre al paese un rappresentante fidato e valido, ma di nuova generazione per la nuova Libia del secondo millennio. Insomma, una figura di spicco nel panorama economico e politico del paese mediterraneo e anche in una buona parte del resto del mondo come verificheremo in seguito. Tutte queste ragioni addotte, in quel momento solo supposizioni, avrebbero potuto portare a considerare valida l’ipotesi di una concretizzazione dei suoi piani riformistici. Quindi più interessato ad una attenta riflessione nei riguardi della globalità della sua filosofia “riformista”. Tale ottica ci permette, per lo meno, di comprendere a quale livello di sviluppo la Libia era disposta ad arrivare ed a che livello essa è arrivato oggigiorno.

Il ruolo politico non ufficiale e la concezione riformistadi Saif al-Islam in Libia

Saif al-Islam Gheddafi non ha ricoperto alcun incarico ufficiale nel governo centrale di Tripoli durante il regime della Jamahiriya libica. La parte speculativa del discorso di Saif al-Islam, riportato nella rivista dell’Asharq al-Awsat[4], permette di dedurre come lui, col suo dinamismo e fervore politico, negasse che in Libia prevalessero misure e ordinamenti favorenti il processo di eredità politica: «la successione in Libia è fuori questione, perché questo significherebbe tornare indietro». Respingendo l’idea che lui sia il legittimo erede della rivoluzione libica del’69 Saif ha aggiunto: «Io non sono un principe ereditario, perché la Libia non è una monarchia e il leader Muammar Gheddafi non è un re».

Al di là delle varie convinzioni semplicistiche e speculative sul suo vero ruolo dentro il sistema della Jamahiriya libica, se si osserva con attenzione il palcoscenico politico libico dell’epoca in esame si può dedurre che Saif aveva sicuramente qualche ruolo nella scena politica libica e non di secondo piano. Ciò lo afferma anche suo fratello al-Saadi: «negli ultimi quattro anni il leader [Gheddafi padre] non amministrava più gli affari interni del paese, bensì Saif al-Islam che, in modo informale, collaborava con il primo ministro e i ministri del governo»[5]. Dello stesso parere sono alcuni osservatori, i quali si associano concordi in questa specifica convinzione sul suddetto ruolo di Saif[6].

Con ogni probabilità, il primo atto che ha coinvolto Saif al-Islam sul palco della politica libica fu la sua nomina a presidente dell’istituzione internazionale di Gheddafi fondata dallo stesso Saif nel 1998 per l’amministrazione della carità e dello sviluppo. Il ruolo di questa fondazione è emerso sulla scena internazionale generale a partire dal’2000. La maggior parte delle sue opere e sforzi erano concentrati a portare avanti i progetti di aiuti all’estero, soprattutto in alcuni parti dell’Africa e dell’Asia per migliorare la vita delle persone in queste regioni che sono considerate le più povere al mondo. Tali programmi erano mirati allo sviluppo e all’assistenza umanitaria in questi due continenti, in particolare, in Ciad, Niger, Burkina Faso, Sudan, Filippine e Pakistan[7].

                Le attività di questa istituzione si sono concentrate anche su altri settori, come quelli che riguardano la lotta contro gli stupefacenti e le sostanze psicotrope, bonifiche di terreni minati, diritti umani e cura delle persone vulnerabili, oltre alla cosiddetta “diplomazia umanitaria”[8]. Le caratteristiche della fondazione internazionale di Gheddafi si sono evidenziate anche nella cura di individui perseguitati per ragioni politiche, in impegni di pace nella Tailandia e nella Filippine. In quest’ultimo paese la fondazione riuscì a risolvere la nota questione degli ostaggi europei sequestrati[9]. Lo stesso discorso si può applicare agli sforzi politici effettuati dalla nuova istituzione diretta dal figlio di Gheddafi che rappresentò uno dei temi delicati che il regime libico dovette affrontare in casa propria: l’annullamento delle restrizioni di viaggi all’estero a un gruppo di cittadini libici e l’agevolazione del ritorno di alcuni connazionali nella loro madrepatria[10].

Indubbiamente la Libia aveva già compiuto un timido passo avanti verso la modernizzazione di alcuni istituzioni, anche se il paese sembrava, da un punto vista occidentale, meno avanzato quantomeno in raffronto a qualche paese corregionale. Su questo aspetto, come si legge nel suo cosiddetto programma la Libia domani [Libia al-Ghad] (la seconda Jamahiriya, se così si può definire), lanciato nel primo forum della gioventù libica il 20/8/2006, sembrerebbe che Saif al-Islam avesse iniziato una riforma e un rinnovamento delle politiche sociali e fosse in procinto di iniziare una rivoluzione socio-economica in funzione della visione di una nuova Libia adeguata al presente.

 Non si è lontani dal vero, se si ipotizza che tale volontà di miglioramento delle strutture e delle infrastrutture libiche fosse conseguenza naturale dell’esperienza studentesca europea del figlio del colonnello libico. Questa si svolse in due nazioni: in Austria ottenne il master in Business Administration, e in Inghilterra, frequentò un dottorato di ricerca in economia. Al termine di questi studi, parrebbe che lui avesse iniziato sentirsi pronto ad affrontare in concreto i problemi che affliggevano la sua gente, non ultimi quelli che riguardavano l’aspetto della democrazia nel suo paese. Su quest’ultimo punto, Saif al-Islam, riferendosi alla natura tribale della società libica, osservava: «[…] l’assenza in Libia di una struttura sociale adeguata alla fondazione dei partiti propedeutici ad una struttura politica democratica […] porterà alla costituzione di centinaia di partiti tribali, ed è cosa che non mi piace»[11].

E’ utile sapere inoltreche Saif, durante il suo cammino “riformista”, incontrò molti ostacoli posti da una parte (quella più conservatrice) di coloro i quali erano da tempo presenti nella gerarchia del regime (i gatti grassi [al-Qitat al-Siman] come lui li definiva). Questi ultimi, che erano rappresentati principalmente nei comitati rivoluzionari, avevano sempre tentato di rallentare il processo riformista di Saif al-Islam[12]. A tale proposito emerge la testimonianza, molto sofferta e ottenuta solo grazie alla grande sete di sapere di chi scrive, di una delle persone vicina alla cerchia del figlio del leader libico impegnata nel progetto “Libia domani”. Questo testimone[13], che preferisce rimanere anonimo, afferma che la filosofia riformista di Saif non venne accettata dalla maggioranza della vecchia guardia. Secondo lui, il loro timore era quello «di perdere potere e quindi la speranza di poter un giorno succedere al vecchio leader». «[…] per non perdere le loro posizioni e i loro interessi personali – aggiunge questo testimone – che di fatto, abusando sotto traccia della fiducia concessa loro da Muammar Gheddafi danneggiava il sistema politico vigente».

Nonostante gli ostacoli appena citati, e qualche attuale opinione contraria comunque sempre prevedibile su questo argomento, dal punto di vista pratico la Libia nell’ultimo decennio dell’era Gheddafiana, grazie ai consigli di Saif, aveva già compiuto in vari campi un passo avanti. La modernizzazione infrastrutturale (settore in cui sarebbero stati investiti circa 200 miliardi di denari), i diritti umani e dei mezzi di comunicazione liberi, la preparazione della nuova costituzione, l’attivazione delle istituzioni della società civile, l’istruzione, la sanità, l’ambiente, la solidarietà e la sicurezza sociale, la sicurezza alimentare[14] e non ultimo la politica estera particolarmente attenta ad una apertura verso il mondo occidentale, sono gli esempi più qualificanti di tale progressiva riforma.

Sotto questo profilo, in maniera solo oggettiva, si potrebbe ipotizzare che Saiff avesse capito che il padre volesse riservargli un incarico perché aveva capito che Saiff era all’altezza della situazione e pronto a prendere il suo posto come un leader imminente nella Libia del futuro. Su questo punto, al momento dell’esplosione degli eventi in Libia, nel corso di un discorso ufficiale il leader libico[15] aveva annunciato in un messaggio televisivo una novità che avrebbe sostenuto l’ipotesi citata: «credo che da domani inizierà una nuova amministrazione della Jamahiriya. Nuove municipalità […] e una vera nuova autorità popolare». In un altro passo essenziale, il colonnello libico evidenzia le difficoltà e la necessità di un affiancamento nella preparazione del giovane Gheddafi alla leadership della Libia «riguardo la costituzione, la stampa, le organizzazioni della società civile e così via di cui ha parlato Saif al-Islam, egli sta studiando insieme agli avvocati, ai giudici, ai bloggers, agli scrittori, ai giornalisti e a giovani ricercatori». «Non ho alcuna obiezione – aggiunge il defunto leader libico – che la migliore espressione del popolo libico stia lavorando a redigere la costituzione libica, pietra angolare e legge fondamentale in un sistema democratico».

La visione politica di Saif al-Islam in riferimento a una apertura all’Occidente

La Libia doveva uscire dal vecchio secolo e entrare in quello nuovo allentando l’isolamento impostole per molti anni dalla comunità internazionale, specialmente quelli occidentali, per progredire nella costruzione di una amicizia e partnership con l’Europa. Tale strategia (l’apertura verso l’occidente) era uno dei progetti nella cosiddetta politica riformista di Saif al-Islam anche perché, come è noto, egli non era condizionato, non senza limiti, da ideologie o convinzioni contrarie in linea di principio verso l’Occidente. Su questo Saif stesso riferisce:

il rapporto storico, economico e politico del paese con l’Europa sarà consolidato attraverso un accordo di partnership con l’Unione Europea, che spero sarà firmato entro la fine di quest’anno, in specifico riferimento  all’impegno della Libia verso la costruzione di progetti turistici e alberghieri per promuovere il mercato del turismo nel paese […]. Non possiamo ignorare la dimensione europea e quella Mediterranea della Libia e in definitiva che gli europei sono i nostri maggiori clienti nel commercio. I nostri progetti turistici prevedono di portare in preponderanza turisti europei rispetto a quelli africani. L’Europa e il Mediterraneo sono stati importanti per noi nel passato, lo saranno nel presente e nel futuro. La dimensione mediterranea è di vitale importanza per il futuro della Libia[16].     

Non c’è dubbio che Saif al-Islam aveva chiaramente contribuito, attraverso la convinzione   di una apertura all’Occidente, a rimuovere la Libia dal suo isolamento da alcuni aspetti del mondo contemporaneo. Tutto ciò, avveniva dopo la risoluzione della maggior parte dei problemi in sospeso tra la Libia e i Paesi occidentali: l’abbandono definitivo del sogno nucleare già da tempo interrotto, la compensazione finanziaria per le famiglie delle vittime dell’attentato di Lockerbie del 1988, e non ultimo la liberazione dell’équipe medica bulgara (cinque infermieri e un medico) dopo otto anni di detenzione in Libia[17]. Inoltre, Saif insisteva in maniera incondizionata sulla fatto che la Libia avrebbe dovuto avere una costituzione. Secondo lui, la realizzazione di un progetto come questo avrebbe permesso il raggiungimento di un riconoscimento internazionale prestigioso al suo paese[18]. Quindi, la risoluzione dei suddetti problemi avrebbe avuto un impatto positivo per l’opinione pubblica interna, per quella internazionale e anche per attirare gli investitori stranieri.

Alla luce di quanto esposto sulla mancata concretizzazione delle intenzione di Saif al-Islam, non si può negare che una parte dei sui progetti avrebbero reso il regime libico più democratico e meno vulnerabile da accuse legittime o strumentali occidentali. In aggiunta, l’occidente era consapevole che la flessibilità politica di Saif gli aveva dato la possibilità di presentarsi come un pacifico innovatore del sistema libico[19]. Probabilmente la testimonianza più dettagliata di questo avvenimento ce la offre Sammartano nel suo volume sotto indicato che addirittura riporta sentimenti lusinghieri del defunto leader libico nei confronti della visione assunta da suo figlio. Secondo l’autore, Gheddafi stesso afferma che con il suo secondogenito, anche se la visione politica del figlio era leggermente diversa dalla sua, il rapporto personale si evolveva in costante risonanza[20]. In definitiva Saif al-Islam sembrava ben voluto e il suo operato ben accolto, non solo da un gran parte del popolo libico, ma anche dal padre nonostante qualche riserva riguardante la limitata esperienza. Infatti, nonostante, il suo forte senso del dovere e la sua indubitabile fede patriottica – nazionalista, accettare e scendere a compromesso con alcuni ambigui punti di vista del mondo occidentale, alla luce di quanto successo nel 2011, apparve – a detta di molti gheddafiani – un suo evidente errore.

La previsione di Saif al-Islam sullo scenario libico alla vigilia dell’intervento della Nato

«La Libia non è la Tunisia o l’Egitto». Con questa frase, Saif al-Islam il Gheddafi lanciò il preambolo della sua previsione sulla situazione che sarebbe potuta accadere in Libia a causa delle proteste interne che iniziarono il 17 febbraio 2011. Va ricordato che tali manifestazioni, legittime o illegittime che fossero, non furono determinate dalla maggioranza del popolo libico.

Questo approccio ammonitorio operato dal secondogenito di Gheddafi e che l’analisi della presente scritto ha rinvenuto, aveva un ulteriore significato. Nelle parole di Saif in occasione dello scoppio del caos interno, «La Libia non è la Tunisia o l’Egitto», in effetti, si avverte una certa preoccupazione perché ritiene che le proteste siano semplicemente scoppiate per imitare quelle fatte (che pretendevano del cambiamento della mappa politica o meglio i regime che esistevano) nei due paesi confinanti con la Libia. In questo senso, sembrerebbe che lui abbia voluto segnalare sin dal primo momento, che non andava trascurato nemmeno il fatto che le situazioni e le strutture politiche in tali paesi limitrofi erano completamente diversi da quelli del suo paese.

Considerato il contesto libico e la realtà della demografia della società libica, le lotte interne tra le tribù da sempre avevano determinato contrasti tendenti ad acquisire un posto di potere all’interno del sistema socio-politico. Va aggiunto altresì che la struttura sociale della Libia, durante la sua storia moderna, deve, al contrario di quella politica, la sua sopravvivenza e la sua esistenza alle tribù e alle alleanze strette tra di loro. Detto questo egli intendeva proporre una nuova configurazione politica incentrata non sulle appartenenze tribali, ma su un sistema multi – partitico e sullo sviluppo di una organizzazione civile ancora inesistenti nell’epoca in esame. Pertanto, nella visione di Saif al-Islam Gheddafi, si intendono le preoccupazioni riguardo al tentativo di destabilizzare il sistema politico in atto. Saif, in realtà, era consapevole che il mancato controllo di tale caos avrebbe allargato il ciclo della violenza in tutto il paese e preconizzò: «vuol dire che, invece di piangere per 84 persone, potremmo piangere per centinaia di migliaia di morti».

In effetti, quasi tutti in Libia invocavano le armi, (attualmente accessibili a tutti). Tali condizioni, a parere di Saif, potevano mettere a rischio l’equilibrio o meglio il tessuto sociale libico, avrebbero inoltre permesso la possibilità dello scoppio di una imminente guerra civile e quindi affermò: «vanificherete la riforma in atto. Non parleremo più di democrazia, di riforma o di costituzione. Questo percorso sarà interrotto per decine di anni. Entreremo invece in un ciclo di violenza più brutale di quello che è accaduto in Iraq e in Jugoslavia, perché qualsiasi divisione che si è verificata in una nazione è sempre passata per una guerra civile». A lungo termine un avvenimento come questo, riferisce Gheddafi junior, avrebbe potuto essere un fattore forte per dividere il paese: «tutto sarà bruciato e distrutto in Libia. Avremo bisogno di altri 40 anni per essere d’accordo sulla gestione di questo paese, perché ora, ognuno di noi nominerà se stesso presidente e nominerà se stesso principe, e ognuno considererà la sua regione uno stato indipendente […]».

E come si evince da tutte le conseguenze prodotte da rivolte e guerre civili conservate dalla memoria della storia parrebbe che Saif, tramite l’avvertimento, appena citato, si riferisse ad un periodo storico molto “amaro” per la memoria dei libici. Il periodo di riferimento è senza ombra di dubbio quello coloniale, durante il quale il paese fu diviso in tre Stati articolati: la Cirenaica, la Tripolitania e il Fezan[21]. Per evitare di riproporre la separazione accennata Saif al-Islam avvertì che tale pericolo avrebbe potuto continuare per un periodo anche superiore ai «60 anni o 70 anni».

Un altro problema di cui aveva riferito il secondogenito di Gheddafi era quello del petrolio. Un settore quest’ultimo, fulcro dell’attenzione di tutti sin dalla sua scoperta. Su questo argomento, lui aveva previsto l’avvento di uno scenario che avrebbe potuto portare a conseguenze inevitabili. Secondo Saif, tali conseguenze sarebbero sfociate in una sanguinosa guerra interna per dominare l’oro nero: «voi vi aspettate che i libici se accadesse la divisione, la guerra civile e la Fitna [la sedizione] si accorderanno sul petrolio entro una settimana, un mese, due anni o tre anni? E come potranno distribuirlo?! Siete in errore. Questo petrolio sarà bruciato; sarà bruciato dai teppisti, dai criminali dalle bande e dalle tribù. Ci saranno grandi conflitti sanguinosi su di esso». Subito dopo, ha chiesto provocatoriamente: «chi controllerà i pozzi del petrolio? Chi avrà la capacità di gestire il petrolio in Libia? Chi? Dove sarà la sede dell’istituzione petrolifera libica? A Tripoli, a Bengasi, a al-Bayda o in Sabha? Come condivideremo i recavi del petrolio?!».

Infatti, tutti i protagonisti del conflitto libico, durante questi ultimi nove anni, si sono arrogati il diritto del controllo dei giacimenti petroliferi. Contesti come quelli della complicata situazione libica, stimolano l’appetito e l’attenzione delle potenze straniere verso le risorse naturali libiche in particolar modo il petrolio. L’obiettivo sarebbe il dominio dell’unica risorsa del popolo libico. Tali strategie sono sempre state messe in atto dalle potenze straniere per rendere vana la nazionalizzazione del petrolio libico attuata dal defunto leader libico Muammar Gheddafi subito dopo del suo avvento alla leadership del paese nordafricano[22]. I disordini e le proteste, secondo Saif al-Islam, avrebbero potuto dare il via libera a queste potenze per intervenire e mettere le loro mani sulle risorse dell’ex colonia italiana. Poi aggiunse «[…] l’Occidente non si può permettere di perdere il petrolio della Libia […]». Esaminando i fatti poi successi nel 2011, probabilmente questo, insieme alla realizzazione dell’unità africana (il fondo monetario africano, la banca centrale africana, la banca africana di investimento ecc.), potrebbe essere stato il motivo dell’inizio di una nuova era dell’intervento straniero anticipato da Sarkozy e concluso dalla NATO (sotto comando gli Stati Uniti) e i suoi alleati arabi. Era, quindi un intervento – come si legge nell’opinione del giornalista italiano Manlio Dinuncci – di natura geopolitica e neocoloniale[23]. Su quest’ultimo punto, il secondo figlio del defunto colonnello riferiva: «amo dirvi anche di prepararvi ad un probabile neocolonialismo. Quest’ultimo sta arrivando a voi […] Il colonialismo tornerà. Gli europei entreranno in Libia con la forza […]». Per fare questo, aggiunge lui: «L’occidente non permetterà che ci sia caos in Libia che potrebbe portare all’esportazione del terrorismo, dell’immigrazione clandestina e della droga verso l’Europa. L’occidente interverrà per fermare il caos e vi costringerà sotto la loro tutela e sotto il colonialismo. Chiunque pensi diversamente è in errore».

Alla luce di tutto ciò, appare legittimamente ipotizzabile che Saif al-Islam, con la sua lettura degli eventi che colpirono la Libia nel 2011, fosse stato in grado di prevedere l’amara realtà in cui il paese si sarebbe trovato. Infatti, tale caos, fomentato dal “colpo di mano della Nato” (così lo definivano i fedeli della Jamahiriya), si è protratto a lungo nella memoria e nella coscienza della maggior parte del popolo libico fino ai giorni nostri.

Conclusioni

Tirare le conclusioni su un saggio, e nella fattispecie riguardante un argomento coevo, non significa – come è facile immaginare – giungere a una sistemazione perfettamente organica di un determinato tema, oppure arrivare a un giudizio definitivo di un dato evento, di un personaggio o di una specifica realtà.

Oggigiorno, infatti, il giudizio su Saiff al-Islam il Gheddafi è sospeso. Non arriva a una conclusione. Forse non ci si può ancora arrivare perché la sua vicenda non è conclusa. Per parlare della visione di Saiff sulla Libia del domani, bisognerebbe approfondire il suo pensiero sul progetto di miglioramento della società, delle strutture politiche e delle infrastrutture sul territorio libico. Questi ultimi sono punti focali per comprendere le relazioni di fiducia o sfiducia che tali progetti hanno suscitato nella popolazione libica. I realizzatori dei progetti, nonostante alcune critiche, provarono a renderli efficaci in direzione di una Libia moderna (nel rispetto di quanto la cultura libica lo permettesse e nel rispetto delle idee di Muammar Gheddafi) e si sforzarono di farlo non solo con la propaganda, ma anche con opere concrete, anche se per un periodo di tempo molto limitato. Il limite temporale, e la mancanza di un incarico governativo a livello ufficiale di Saif al-Islam comportano una assenza di fonti ufficiali che determina l’estrema difficoltà per la formulazione di un esame oggettivo.

Si può aggiungere che se la Libia, nell’epoca in esame, è stata paragonata a torto o a ragione alla stregua di alcuni regimi assoluti vigenti in Europa durante il secolo scorso, certo è che tutto ciò che è successo nel paese dopo il periodo Gheddafiano non trasmette un messaggio di speranza a nessuno libico e semmai scredita la tesi precedente.

Il mancato impegno nello sviluppo di un programma preciso che offre una soluzione anche ai presunti problemi, compositi delle sue molteplici aspetti politiche, socio-economiche, e, non ultime, militari, rifletteva una discordanza della politica globale nei confronti di questo paese. In maniera solo oggettiva si può concordare con quest’ultima lettura. Il grande e significativo problema, strettamente legato al grave deterioramento che vive il paese, sarebbe rappresentato anche degli interventi esterni ben penetrati nel palcoscenico libico. Basti pensare a quel che, mutatis mutandis, succede oggi con le cosiddette politiche di “salvare i civili da un in probabile genocidio”. Spesso, benché nascano da intenti (apparentemente) liberali e umanitari, causano migliaia di vittime, arrecano squilibri politici di un certo peso (si pensi non solo alla Libia di oggi, ma anche all’Iraq, alla Siria o all’Afghanistan), lasciano dietro di sé distruzioni e macerie. Sono demeriti da poco? Rispetto ai danni che provocano gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi.


[1] In merito si vedano Libia, Saif al-Islam Gheddafi annuncia candidatura alle elezioni presidenziali, https://tg24.sky.it› mondo›2018/03/20›; https://www.bbc.com› arabic› inthepress-46207135; https://www.trtarabi.com; https://www.alarabiya.net› north-africa›; https://www.alaraby.co.uk› politics; https://middle-east-online.com›; Saif al-Islam Gheddafi, il convitato di pietra dello scenario libico, in «L’AntiDiplomatico», settembre 2018, www.lantidilomatico.it.           

[2] Cfr. Saif al-Islam Gheddafi, il convitato di pietra dello scenario libico, A cura di Enrico Vigna, in«L’Anti Diplomatico», settembre 2018, https://www.lantidiplomatico.it›; V. Tomassini, Libia, Saif al-Islam Gheddafi annuncia il suo programma “Libia domani”, in «Panorama», Marzo 2018,  https://www.notiziegeopolitiche.net›.         

[3] Dirasat mutafahisat limashrue sayf al’iislam meaan min ajl libia alghad [Un attento studio del progetto di Saif Al-Islam: “insieme per la Libia domani”], in «Alquds al- arabi», n. 14, Ottobre 2006, p. 17.

[4] Saif al Islam: al Gheddafi lays mlkaan wala lilwiratha fi libia [Saif al-Islam: Gheddafi non è un re, e no è per l’eredità in Libia], in «Asharq al-Awsat», maggio 2010, n. 11503, https://www.archive.aawsat.com

[5] Quanto emerso da tale fonte orale diretta, viene estrapolato dall’intervista televisiva trasmetta dal TV al-Arabia, 8.3. 2011. 

[6]  Cfr. P. F. Trupiano, Un ambasciatore nella Libia di Gheddafi, Greco, Verona, 2016, p. 40; M. Indelicato, Saif Gheddafi si rivolge a Putin: “Ecco come riunificare la Libia”, in «Inside Over», dicembre 2018, https://it.insideover.com› politica›

[7] Per ulteriori definizioni sull’argomento cfr. Muasasat al Gheddafi al alamia liljamiat alkhayria wa al tanmia. Taqrir nashatat 2007-2008 [L’istituzione internazionale di Gheddafi per le associazione di carità e lo sviluppo. Un rapporto sulle attività dell’istituzione 2007-2008], 2008, pp. 5. 13-19.

[8]  Ibidem,pp. 6.7.

[9]  Ibidem.

[10]  Ibidem, p.30.

[11] Cfr.  Al- Gheddafi al-aibn  yarsim maealim Libia al-ghad bidustur jadid [Gheddafi Jr. delinea i lineamenti della Libia di domani con una nuova costituzione],  in «Albayan»,  agosto 2007,  https://www.albayan.ae 

[12] Per ulteriori informazioni al riguardo cfr. Saif al Islam yutalb mujadadaan bsan dustur.. lakn alwadhe fi libia la yabdu muhyya lihadhih alnaqla![Saif al-Islam chiede una nuova costituzione .. Ma la situazione in Libia non sembra pronta per questo cambiamento!], maggio 2010, https://arabic.sputniknews.com              

[13] Colloquio col Dr. Z. N. B, Tripoli. 20.07. 2019. Traduzione mia.                                       

[14] Cfr. Muasasat al Gheddafi al alamia liljamiat alkhayria wa al tanmia, cit.; si veda anche Libia al ghd, ‘ayt ‘amal lihuquq al ansan? [“Libia domani”, quale speranza per i diritti umani?], International Amnesty Report, giugno 2010.

[15] Per ulteriori esplicitazioni, si veda il discorso di Muammar Gheddafi ai giovani libici il 22 febbraio 2011, https://ar.wikisource.org//. Il testo riportato è frutto di una mia traduzione dall’originale in arabo.

[16]  Cit. in «Asharq al-Awsat», op. cit., ibidem.

[17] Per una definizione più specifica degli eventi ai quali sopra accenno, ad esempio, si vedano shttps://www.dw.com›; https://www.aljazeera.net› specialfiles› pages; https://www.aljazeera.net› archive› pages.

[18]  Cfr. Al- Gheddafi al-aibn yarsim maealim Libia al-ghad bidustur jadid, cit.                  

[19] A. Varvelli, Lo sviluppo economico del rentier state libico e le riforme del regime di Gheddafi, paper per la conferenza “studi italiani sull’africa a 50 anni dall’indipendenza”, Napoli, 30 settembre-2 ottobre 2010, https://www.ispionline.it›.     

[20] A. A. Sammartano, Chiudo gli occhi due secondi miei poveri detrattori ecco a voi il mio cammino inviolato. (Ritratto a distanza ravvicinata di Muammar al Gheddafi), Italic, Ancona 2017, p. 68.

[21]  Si vedano in merito A. A. Ahmida, The making of modern Libya. State formation, colonization, and resistance, 1830-1932, State University of New York Press, 1994, S. Berhe, Notabili libici e funzionari italiani: l’amministrazione coloniale in Tripolitania (1912-1919), Rubbettino, 2015; si veda anche F. Cresti, L’eredità coloniale nei rapporti tra la Libia indipendente e l’Italia, Atti del Convegno “Libia oggi / Libya Today”, (Venezia, 1-2 marzo 2002), Il Ponte, 2005, pp. 83.86.    

[22]  Si vedano in particolare A. Del Boca, Gheddaf: una sfida del deserto, Laterza, Bari, 2011, pp.41.44; M. Vignolo, Gheddafi, Islam, petrolio e utopia, Rizzoli, Milano, 1982, pp. 156.182; A. Aruffo, Gheddaf. Storia di una dittatura rivoluzionaria, Castelvecchi, Roma, 2011. Pp. 34.36;                                                                                                                                 

[23] Cfr. M. Dinucci, L’arte della guerra. Libia, sette anni di sventura Nato, in «Il manifesto»,20 marzo 2018, https://www.ilmanifesto.it.it›.