di Veronica Duranti

C’è un fattore comune che unisce e giustifica la disunione nelle rivendicazioni e nelle proteste e l’acquiescente immobilità con cui il popolo italiano – intendendo con popolo italiano le masse popolari e non certo i loro cani da guardia per i quali la cittadinanza italiana è una mera qualifica giuridica – ha accettato in questi decenni e continua ad accettare difficoltà economiche, crescente degrado sociale e ambientale nonché l’umiliazione che deriva dalla sua sudditanza agli Stati Uniti, all’Alleanza Atlantica e all’Unione Europea che lo rendono tanto uno stato oppresso quanto oppressore.
Questo fattore è l’assenza di patriottismo.
La maggior parte degli italiani è affetta da un senso di non appartenenza alla nazione natale, da un recondito autorazzismo e da una pervasiva esterofilia che si manifesta tanto nel disprezzo dell’Italia e nell’adulazione irrazionale dell’estero quanto nella preferenza nel rivolgere sempre lo sguardo e l’interesse ai problemi di altri paesi – il che in sé è giusto – senza conoscere però approfonditamente la nostra penisola e i gravi problemi che la attanagliano dalla sua nascita.
Questa mancanza di sentimento nazionale è dovuta a una molteplicità di fattori, in primis alla storia dell’Italia a partire da come è nato lo stato unitario, passando per le due guerre, per il fascismo e per la resistenza (tradita).
Una grave colpa è attribuibile però all’uso improprio che destra e sinistra hanno fatto del significato di patria e patriottismo.
Da una parte la destra ha sempre nascosto dietro alla parola patriottismo il nazionalismo sciovinista borghese di coloro i quali intendono la patria come strumento di oppressione del suo stesso popolo e di altri popoli e come fortezza a difesa degli interessi delle classi dominanti. Le destre hanno declinato in senso razziale e puramente territoriale il concetto di “essere italiani” aizzando non tanto l’amor proprio e l’amor patrio quanto piuttosto il disprezzo dello straniero e la guerra tra poveri.
Il “patriottismo” di destra è lo stesso che si inchina agli USA riconoscendo ad essi in Italia più diritti di quanti già non se ne siano presi e sostenendo regimi come quello Israeliano ed è lo stesso che, per la visione che ha di società e di giustizia sociale, negherebbe di fatto l’inclusione sostanziale della maggioranza degli italiani nella loro stessa patria essendo per loro appunto la patria, patria dei borghesi.

“Finché, domestica o straniera, voi avete tirannide, come potete aver patria? La patria è la casa dell’uomo, non dello schiavo.”
Giuseppe Mazzini

Da parte sua la sinistra (e non solo ahimè quella liberal) assumendo come consiglio e non come dato di fatto che “gli operai non hanno nazione” ha strumentalmente piegato il concetto di internazionalismo a quanto dettato dalle élite fautrici della globalizzazione trasformando la fratellanza e la solidarietà tra popoli in un feticcio radical chic privo di ogni sostanza e applicazione politica. Così troviamo una sinistra liberal che grida “apriamo i porti” non perché sia preoccupata della sopravvivenza dei migranti in mare ma perché contestare quelle migrazioni significherebbe mettere in discussione il concetto stesso di mondo globalizzato, perché il tradimento fatto dalla sinistra liberal ai lavoratori non può che completarsi nel supporto alla competizione globale tra lavoratori non qualificati e nell’utilizzo dei migranti come manodopera a basso costo tenuta in condizioni semi schiavistiche.

Consigliano ai giovani di fare esperienze all’estero, di essere europei, ma dietro si nasconde la distruzione dello stato sociale, dell’istruzione e dell’occupazione in Italia e l’espatrio che poteva essere un’opportunità aggiuntiva diventa un obbligo e una condanna per milioni di italiani disoccupati ai quali è stato negato un futuro in casa propria.
La sinistra liberal non può essere patriottica e deve limitarsi alla compassione cristiana nei confronti degli immigrati e all’esaltazione dell’emigrante cosmopolita perché altrimenti dovrebbe criticare l’imperialismo europeo – in particolare quello francese- e anglo americano che hanno devastato, destabilizzato e derubato il sud del mondo e il medio oriente e la stessa globalizzazione neoliberista.

C’è poi una terza categoria che è quella della sinistra non liberal che mostra una certa reticenza nell’utilizzare termini che rimandano al patriottismo per timore di essere accostati alla destra giungendo fino a vergognarsi del tricolore. Essi sostengono un internazionalismo sincero ai popoli in lotta ma puramente propagandistico e senza prospettive in quanto non vi può essere internazionalismo senza sovranità politica ed economica nazionale.
E’ notizia recente che la Russia ha inviato 10’000 dosi di vaccino alla Palestina.
Sarebbe possibile per noi fornire supporto ad uno dei paesi non allineati agli USA senza subire ripercussioni? Sarebbe possibile per l’Italia sostenere la guerra dei resistenti palestinesi se durante la guerra in Iraq antimperialismo in Italia era sinonimo di terrorismo?
E’ possibile per noi fornire aiuti economici se già siamo strangolati dai vincoli dell’Unione Europea? Con quale coscienza ci presentiamo agli occhi dei siriani o dei venezuelani finché le bandiere USA sventolano a Camp Darby? La Grecia è stata massacrata dalla Troika, con quale coraggio certa sinistra alza la bandiera dell’UE e poi predica la solidarietà?

“La libertà non può essere feconda per i popoli che hanno la fronte macchiata di sangue.”
José Marti

I socialisti, i comunisti e qualsiasi partito progressista devono riappropriarsi dei termini Patria e patriottismo e fare del tricolore la bandiera della liberazione del popolo italiano dagli oppressori nostrani ed esteri perché solo all’interno dello stato nazionale è possibile costruire una democrazia realmente partecipata e sostanziale, solo liberando la nazione da chi la opprime è possibile instaurare il socialismo e solo lo stato nazionale può opporsi alla tirannia della finanza e delle multinazionali e creare una coscienza che sia di classe e di popolo la quale restituisca agli italiani la forza, l’orgoglio e la dignità non solo di ribellarsi e di resistere, ma anche di essere realmente internazionalisti e di fare dell’Italia un punto di riferimento e di supporto per i popoli in lotta e i paesi non allineati.

“Il nostro patriottismo non offende, non ferisce, non aggredisce nessuno perché il nostro patriottismo non è odio per altri popoli ma consiste nell’amore per il nostro popolo e nella volontà di vivere in pace e in amicizia con tutti i paesi. […] Il nostro internazionalismo allarga e rafforza il sentimento nazionale perché unisce tutti i popoli che lottando per la pace lottano per conservare la loro libertà, la loro indipendenza o per conquistarla completamente.”
Pietro Secchia