IN OCCASIONE DELLO SCIOPERO DEI LAVORATORI DELL’INTERa filiera AMAZON, PRIMO DEL GENERE IN ITALIA, E DELLA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO DELL’AZIENDA LANCIATA DAL COMITATO 27 FEBBRAIO, PUBBLICHIAMO QUESTO DOCUMENTO PER CONTRIBUIRE AL DIBATTITO SUL TEMA.

La realtà di Amazon coinvolge in Italia quasi 10.000 dipendenti. Ma nel parlare di Amazon non vogliamo soltanto fermarci alla sua evidente realtà economica ed amministrativa, ma iniziare a guardare a quest’azienda, fra tutte, nella sua valenza concreta all’interno della realtà infrastrutturale del nostro paese.

Al di là del risultato economico di Amazon, c’è da considerare come la modalità di acquisto on-line di cui è la più importante (ma non unica) rappresentante, e la rete logistica ad essa collegata rappresentino ormai una dorsale fondamentale nella distribuzione di beni nel territorio italiano.

Per questo motivo, un problema collegato ad Amazon è un problema di tutti, e non possiamo permetterci di osservare la situazione attraverso la lente della categoria borghese fatta di consumatori ed addetti, ma dobbiamo analizzare necessariamente in un’ottica socialista che tenga conto sia delle legittime e sacrosante rivendicazioni dei lavoratori che dell’importanza infrastrutturale che la rete Amazon ha nel nostro paese.

Non solo: nemmeno l’opposizione fra grande e piccola distribuzione, fra i grandi centri e i piccoli negozi, può essere risolta all’interno degli schemi forniti dal capitalismo. All’interno dell’economia di mercato, la piccola proprietà necessariamente dovrà soccombere di fronte alla grande, con conseguente distruzione dei luoghi di lavoro e peggioramento delle condizioni dei lavoratori in precedenza proprietari. La soluzione è una sola: il superamento dell’economia capitalista in senso socialista, la garanzia della difesa del lavoro e dei lavoratori dalla violenza del mercato, la socializzazione e la pianificazione della produzione.  In questo modo affitti, mutui, conti da far quadrare e merce da vendere sarebbero problemi del passato: ognuno manterrebbe la sua posizione lavorativa, venendo però tutelato integralmente, superando le preoccupazione economiche attualmente legate al proprio lavoro, e permettendo una perfetta integrazione fra la rete distributiva, di cui Amazon è parte integrante, e le viae piccole realtà familiari ed individuali del nostro paese.

PERCHÉ’ E’ NECESSARIO CHE LA PROPRIETÀ’ DI AMAZON DIVENTI PUBBLICA

Come detto, la realtà  di Amazon include, contando soltanto i dipendenti diretti, quasi 10.000  persone in Italia. Non è assolutamente accettabile che un numero tale di dipendenti, così fondamentali per lo sviluppo ed il progredire della nazione, sia abbandonato dallo Stato in balia dei più prepotenti ricatti padronali.

Dev’essere tolta al capitale privato la possibilità di disporre a proprio piacimento dei dipendenti, l’ala protettiva della Repubblica deve ripararli non soltanto dai ricatti in essere, che sappiamo numerosi, quanto dalla lenta erosione dei diritti e della qualità del posto di lavoro che questi ricatti comportano per il benessere collettivo.

Sarebbe impensabile lasciare una città di 10.000 abitanti in balia del signore del feudo senza che vi sia un’espressione democratica nelle scelte cittadine, allo stesso modo non è più pensabile lasciare la democrazia fuori dai posti di lavoro soprattutto quando la dicitura “posto di lavoro” rappresenta la vita di migliaia di persone.

E’ giusto che vi sia la possibilità da parte dei lavoratori di scegliere attraverso processi democratici interni sia le figure proprie del management borghese, sia le figure intermedie di controllo e supervisione tipiche di ogni organizzazione aziendale.

Gli organigrammi aziendali devono essere tolti dalle mani della proprietà privata e fatti diventare proprietà democratica dei lavoratori coinvolti nelle attività dell’azienda. Solo in questo modo si potranno veramente concretizzare la giusta lotta dei lavoratori che tutti i giorni fanno vivere Amazon e le finalità di interesse pubblico della stessa.

Jeff Bezos e Amazon Italia sono soltanto nomi, nomi che quotidianamente si appropriano della ricchezza e del benessere che viene creato e consolidato da coloro che danno veramente corpo e forza alla realtà di Amazon, e cioè ogni singolo lavoratore che ne fa parte.

E’ giusto che siano gli stessi lavoratori che ogni giorno mettono in moto la macchina che decidano ritmi e tempi, è giusto che decidano chi deve coordinare ed in qualche modo indirizzare il lavoro.

Per fare questo, sono necessarie procedure rigorose di democrazia lavorativa che permettano l’elezione dei rappresentanti stessi e del management, oltre che del consiglio di amministrazione.

In questo senso noi rifiutiamo anche la soluzione “socialdemocratica” tedesca, che vede i lavoratori presenti tramite i loro rappresentanti sindacali in un determinato numero di posti del consiglio di amministrazione: se la democrazia non viene portata a tutti i livelli della gerarchia aziendale, essa è infatti è un guscio vuoto e privo di contenuti.

E’ giunta l’ora che i lavoratori italiani, e non solo quelli di Amazon che oggi sono in lotta, prendano coscienza del loro potere e della loro condizione: non è più pensabile che la democrazia, tanto importante nella nostra vita dalla politica parlamentare fino alle assemblee condominiali, sia totalmente inesistente o lasciata in balia della più selvaggia anarchia sul posto di lavoro.

Pretendere un processo democratico all’interno della propria realtà lavorativa è esattamente la strada socialista da percorrere, e quella che noi oggi proponiamo ai lavoratori in lotta.

Le rivendicazioni sindacali, giuste e sacrosante, sono solo uno zuccherino nell’amarezza della vita quotidiana di ogni lavoratore italiano. Per quanto siano giuste, esse rappresentano delle pezze che le forze sindacali devono mettere per compensare una drammatica assenza di azione politica quando si parla dei diritti dei lavoratori italiani.

Questo momento, in cui la drammaticità della situazione fa emergere le contraddizioni del sistema capitalista, è il più propizio affinché si comprenda che una vera battaglia per i diritti dei lavoratori può essere portata solo se i lavoratori si appropriano degli spazi aziendali che quotidianamente oggi li vessano per ordine del padrone.

Non una semplice nazionalizzazione, che farebbe semplicemente passare la proprietà dal privato al pubblico -passaggio comunque fondamentale- identificando ma non risolvendo il problema, ma una reale messa a disposizione del lavoro ora subordinato alla volontà privata in una finalità pubblica e nell’interesse collettivo.