DI LUCA DEGLI ANGELI
Youtube ha deciso di chiudere il canale di Byoblu, che dopo oltre dieci anni di attività contava più di mezzo milione di iscritti, oltre che diverse migliaia di abbonati. Sarebbe facile muovere diverse critiche a Messora e ai suoi per aver portato al cospetto del loro pubblico, fra molte voci interessanti, anche quelle di persone alquanto discutibili, quando non inascoltabili. Sarebbe facile, ma forse sarebbe gratuito ed ingiusto visto il livello di “notizie false” e di personaggi non già alquanto discutibili, ma assolutamente improponibili presentati giornalmente dai media “tradizionali”: la differenza fra un Boldrin e un terrapiattista sta infatti unicamente nell’aura di credibilità che una sorridente giornalista dalla bella apparenza gli garantisce.
Appare ben più giusto e doveroso evidenziare quello che è un punto fondamentale della questione: da una parte abbiamo Google, una dei più grandi capitali del pianeta, con un reddito netto nel 2020 di 40,269,000,000 dollari americani, dall’altra Messora, che per finanziare i suoi progetti conta su sparuti abbonamenti e donazioni. Ricco e povero dunque, ma come insegna Rousseau “che queste parole forte e debole sono equivoche […], il senso di questi termini è meglio espresso da quelli di povero e di ricco” (Rousseau, “discorso sull’origine delle diseguaglianze”). La ricchezza crea la forza, anzi è essa stessa una forza, una forza terribile ed incontrastabile perché da essa discende la capacità di governare la politica, e quindi l’uso della violenza, la cultura e l’informazione. E come nei capannoni di Amazon, sul terreno privato di Bezos, possiamo vedere i lavoratori costretti a pisciare nelle bottiglie di plastica e repressi nelle loro velleità sindacali, come possiamo vedere locatori intenti ad estorcere il denaro sfruttando la necessità di un bene primario come è un tetto sulla testa, così vediamo Google, attraverso Youtube, rivendicare il suo sovrano diritto di proprietà sulla piattaforma virtuale che fino a ieri, con la prospettiva del profitto, era concessa a Messora.
Uno spazio privato non può essere democratico. La sovranità su di esso è del proprietario, solo del proprietario, che in ragione della sua forza riuscirà a far valere più o meno il suo ‘ius utendi et abutendi’. Ecco perché non è “grave” o “clamoroso” il fatto che un canale Youtube sia stato rimosso: è la logica, normalissima, prevedibile conseguenza della proprietà privata, la dimostrazione più lampante della sua incompatibilità con qualsiasi norma democratica.
La progressiva mercificazione dei diritti essenziali e delle tutele di base a cui stiamo assistendo ha invaso da anni ormai anche lo spazio della “libera espressione”. I mezzi di comunicazioni, il cui possesso è possibile unicamente per i grandi gruppi imprenditoriali, servono unicamente alla legittimazione degli stessi, e alla promozione di un linguaggio e di contenuti in linea con gli interessi di classe di questi. Non solo: nemmeno l’affissione di un manifesto su pubblica strada è più possibile legalmente senza pagare gabelle e bolli, tranne in rarissimi spazi ben delimitati, mentre l’intera comunicazione via etere è completamente privata e ridotta a mezzo di profitto.
Youtube è di proprietà del padrone, e il padrone, secondo la legge borghese, fa quello che vuole con la sua proprietà. Non basta, non serve indignarsi. Non bisogna additarlo come moralmente discutibile o lanciare improbabili progetti concorrenziali, ma attaccare la sua stessa natura di padrone.