DI MATTEO TOSCANI

“Oh Gentiluomini, il tempo della vita è breve!

Trascorrere questa brevità nella bassezza sarebbe cosa troppo lunga.

Se viviamo è per marciare sulla testa dei re.

Se moriamo, che bella morte quando i principi muoiono con noi.

Ora per le nostre coscienze le armi sono giuste.

Quando l’intenzione nel portarle è ragionevole”

[Shakespeare, Enrico IV]

I titoli nobiliari non sono riconosciuti. Questo non lo diciamo noi ma lo dice la nostra costituzione, alla quattordicesima disposizione finale. I titoli nobiliari non sono riconosciuti, ma entrano semplicemente a far parte del nome. In questo senso essere Conte di Questo o Barone di Quest’altro non è differente dal chiamarsi Guido Lavespa o Melalavo Domenica: significa semplicemente avere nomi che qualcuno trova per qualche motivo divertenti.

A maggior ragione per il principio all’articolo 3 secondo il quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ed uguaglianza di fronte alla legge, che nega per definizione qualsiasi nobiltà, intesa come indice di superiorità e differenziazione sociale.

Questa è la nostra costituzione, la costituzione che per inciso il Presidente della Repubblica ha il compito di difendere.

Non possiamo tollerare che, nel 2021, delle persone vengano private della libertà ed incarcerate con l’accusa di aver insultato o contrastato l’autorità di un re, titolo che il nostro patto sociale prevede essere privo di valore.

Non vediamo nulla di sbagliato nel protestare con ogni mezzo contro l’autorità monarchica, poichè la stessa definizione di monarchia cozza contro la fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini, un principio che non deve essere solo una vaga formula ma deve venire difeso come un valore fondamentale di una società che voglia definirsi civile.

Questo lo dice non solo la nostra coscienza, ma la costituzione italiana.

Nel 2021 ribellarsi alla monarchia non è soltanto un diritto, ma dovrebbe essere visto come un vero e proprio dovere: si tratta di una battaglia fondamentale di uguaglianza e civiltà.

E non ci interessano le chiacchere in merito al fatto che, essendo il re di spagna a capo di svariate funzioni pubbliche, l’offesa portata a lui rappresenti un’offesa portata all’organo dello stato e vada punita in quanto tale. La coincidenza stessa del monarca coi vertici dello stato è esattamente il punto stesso di contrapposizione con il principio democratico.

Il re non è un problema in quanto re, ma in quanto capo dello stato e detentore di un potere e di un’autorità politica assoluta non avendo altra legittimazione  che non un medievale diritto divino e senza alcuna reale rappresentanza popolare. Questa è esattamente la sostanza del problema. L’esistenza stessa del sovrano è un atto autoritario intollerabile.

Spogliato del potere temporale, il re smette di essere tale e diventa soltanto una parola. Come dice la nostra costituzione.

Più un sovrano usa la sua autorità e la sua corona per proteggere la sua posizione, più egli tenta di elevarsi al di sopra degli altri uomini violando cosi ogni principio di uguaglianza. Per questo affermiamo che il re ha torto anche e soprattutto quando ha ragione, cioè quando vuole difendere la sua posizione sul trono in quanto sovrano e detentore di una qualsiasi autorità.

Per questo domani ci troveremo sotto il consolato del regno di Spagna a Genova in una prima iniziativa di solidarietà all’artista catalano Pablo Hasel, che si è visto incarcerare per i suoi testi critici nei confronti del re, di tutti gli arrestati ed i fermati nei disordini scatenati dalla giusta indignazione popolare (tra cui non dimentichiamolo sei nostri connazionali), oltre che di tutti i condannati politici spagnoli (non solo catalani, anzi) che non sappiamo e vogliamo elencare, ma che sono stati numerosi in tempi recenti e non.

La loro lotta è la lotta giusta di chi pensa che nessuno debba essere suddito e nessuno possa arrogarsi il diritto di essere re, sovrano o imperatore.

Lanceremo un grido per l’autodeterminazione dei popoli, contro il principio monarchico e dinastico e soprattutto perché torni in libertà non soltanto Pablo Hasel ma anche tutte le vittime ingiustamente incarcerata dalla repressione monarchica nel regno di Spagna.