COMITATO 27 FEBBRAIO
CONTRO UE, EURO E NATO, CONTRO IL GOVERNO DRAGHI! PER LA PACE E LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE.
LA REPUBBLICA ITALIANA A CHI LAVORA!
UNITA’ NELLA LOTTA!

Le forze politiche, sociali, culturali che sottoscrivono questo Appello e che hanno lavorato unitariamente all’organizzazione della manifestazione nazionale “Contro il governo Draghi” dello scorso sabato 27 febbraio, esprimono innanzitutto un giudizio fortemente positivo sull’esito della stessa manifestazione.
Essa si è svolta simultaneamente nelle 20 principali città italiane e – pur nelle condizioni oggettivamente difficili date dalla pandemia e soprattutto dal quel “silenzio sociale” che da troppo tempo è sceso nel nostro Paese – ha portato nelle piazze migliaia di lavoratrici e lavoratori salariati, con una parte di quel popolo di commercianti, artigiani, piccoli e piccolissimi imprenditori gettati sul lastrico dalla pandemia e dall’abbandono da parte delle forze di governo; giovani senza lavoro, studenti e intellettuali.
L’impatto della manifestazione è riuscito a rompere il consueto muro del silenzio mediatico, conquistando la stampa e gli schermi di quasi tutti i telegiornali regionali e quelli di diversi telegiornali nazionali, cogliendo così l’obiettivo di parlare a circa 25 milioni di cittadini.
Per poter incidere in un mondo dominato da poteri capitalistici e lobby che travalicano i confini degli Stati e così forti da svuotare i poteri stessi degli Stati, condizionare il senso comune di massa e dividere “la classe”, occorre innanzitutto lavorare per ricostruire una coscienza di classe e di massa e superare le divisioni interne al movimento operaio. Divisioni che non ci consentono di incidere adeguatamente sui processi sociali e che hanno fortemente contribuito alla perdita di conquiste sociali che rappresentavano la cifra della civiltà del nostro Paese.
Occorre mettere in campo un’opposizione sociale e politica di lunga lena, volta al cambiamento dei rapporti di forza capitale/lavoro, un’opposizione che non venga fermata e attratta dal potere e poi ben presto coinvolta nella gestione del potere, come spesso è accaduto negli ultimi decenni nel nostro Paese sia alle opposizioni politiche che sindacali. Solo così si potrà riaccendere il sogno, la passione dei tanti che hanno rinunciato all’impegno e soprattutto riavvicinare le giovani generazioni alla militanza e alla lotta.
Nel contesto politico e sociale dato – contrassegnato dalla “santificazione” ideologica e mediatica di Mario Draghi, dalla costituzione di una inquietante convergenza subalterna che lo sostiene in Parlamento e dalla preoccupante benevolenza espressa verso il nuovo governo anche da tanta parte del movimento sindacale – il risultato della manifestazione del 27 febbraio può contribuire ad un “nuovo inizio” per la ricostruzione di una coscienza sociale e di lotta.
Si tratta di imporre politiche che incidano sul clima e sull’ambiente, sulle politiche sanitarie e sociali e contrastare la forza prepotente della finanza e delle banche. Proprio a partire da tali considerazioni i diversi soggetti organizzatori della manifestazione nazionale del 27 febbraio intendono rilanciare la lotta, costituendosi nel “Comitato 27 Febbraio contro il governo Draghi”, contro la NATO e contro l’UE, mettendo a fuoco un’intera linea di azioni sociali e politiche contro il governo, con l’impegno di rafforzare lo stesso Comitato con altre forze sociali, politiche e intellettuali – o nella convergenza con esse – nell’intento generale di mettere in campo un più vasto e unitario movimento di lotta e di classe. Anche per questo proponiamo che il Comitato moltiplichi la sua presenza ed influenza, in modo articolato e flessibile, nei territori, coinvolgendo forze anche locali, pur mantenendone la piena rappresentatività nazionale. Le uniche limitazioni che poniamo sono le compromissioni governative e concertative e la subordinazione euro-atlantica.
Premesso che queste forze firmatarie, hanno sempre espresso una critica profonda e una netta opposizione nei confronti degli aspetti di fondo dei due governi Conte, non è possibile non vedere e valutare le modalità (anche di intervento estero) con cui si è arrivati al governo Draghi. E inoltre non si può non ricordare che il primo atto di Biden sia stato quello di chiamare il nostro Paese e l’intero asse euro-atlantico ( più il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e l’India) a costituirsi come fronte unico contro Russia e Cina. Una linea, questa di Biden, che si presenta – per la pace mondiale – addirittura più aggressiva e pericolosa di quella dello stesso Trump.
In questo contesto, Renzi ha svolto chiaramente un gioco per “terzi”, sino all’avvento di un Draghi “normalizzatore”, garante pieno e fidato dell’euro-atlantismo e degli interessi della grande finanza e del grande capitale italiano.
A partire da tutto ciò vediamo con preoccupazione, per gli interessi del movimento operaio complessivo e per la pace, il contesto internazionale che si è ulteriormente costituito e il ruolo di servizio agli interessi di Washington e Bruxelles destinato al nostro Paese, in cui però si combinano pienamente gli interessi della grande finanza e del grande capitale monopolistico italiano.
Gli stessi, primissimi, atti del governo Draghi (la garanzia, negli incontri virtuali con la Merkel e Macron, che il nuovo governo italiano imboccherà con più decisione la strada strategia indicata da Bruxelles e l’assunzione del comando militare, da parte dell’Italia, delle operazioni NATO in Iraq) confermano l’inquietante natura politica di Draghi.
Egli rimane lo stesso “finanziere totale” che nel giugno del 1992, da direttore generale del Ministero del Tesoro, sul panfilo “Britannia” della regina d’Inghilterra, garantì agli esponenti della finanza europea e nordamericana che l’Italia sarebbe entrata nell’UE (il Trattato di Maastricht era stato appena firmato, febbraio 1992) e poi nell’Euro attraverso la privatizzazione e la svendita al grande capitale dell’intero apparato aziendale pubblico italiano; lo stesso “banchiere totale” che da presidente del Comitato per le privatizzazioni, nel 1993, svendette infatti l’Enel, l’ENI, la Telecom e le grandi banche pubbliche italiane; e lo stesso, feroce, “liberista totale” che nel 2011, da presidente della BCE, si macchiò della più grande infamia del secondo dopoguerra europeo: quella macelleria sociale che proprio attraverso i memorandum che Draghi ispirava e firmava a nome di Berlino, portò la Grecia alla miseria di massa e a decine e decine di suicidi di pensionati sul lastrico, di operai senza più lavoro, di piccoli imprenditori rovinati.
Passato il semi-isolazionismo di Trump e tornata la storica aggressività imperialista USA, anche il nuovo/antico euro-atlantismo iperliberista e di guerra ha ritrovato il suo condottiero: Biden. Che in Italia ha subito piazzato Draghi come l’uomo giusto per la svolta politica.
L’agenda di guerra dettata dagli USA e dalla NATO costringe il nostro Paese ad azioni belliche sempre più vaste e pericolose. Le stesse, nuove ed ingenti, spese per i progetti militari euroatlantici (NATO ed esercito europeo) pesano drammaticamente sulle spalle dei lavoratori.
L’Italia è già un Paese con circa 11 milioni di poveri; con 10 milioni di disoccupati, col 52% dei giovani senza lavoro, con l’intero popolo del ceto medio caduto nella miseria, con un Mezzogiorno che ha un salario medio procapite di 700 euro mensili, relegato in un ruolo sempre più marginale, in cui cresce e si allarga enormemente il divario con il resto del paese e la fanno da padrone povertà, disoccupazione e diseguaglianze sociali, rendendo drammaticamente attuale una ‘questione meridionale’ mai risolta. Un Paese con almeno un terzo dei pensionati aventi un assegno mensile di 600 euro al mese, con 1 milione di lavoratori che, in virtù della crisi pandemica, non torneranno al lavoro, con centinaia di migliaia di lavoratrici già espulse dalla produzione, con centinaia di migliaia di operai che hanno preso la cassa integrazione a pezzi e bocconi o non l’hanno ancora proprio presa, con un sistema sanitario che -grazie alla privatizzazione e alla destrutturazione liberista insita in quel fiscal compact ispirato da Draghi nella famosa “letterina” al governo italiano – non è stato in grado di sostenere l’attacco pandemico.
Questo Paese, già segnato da una condizione sociale durissima e, nel contempo, sia dalla genuflessione a Draghi degli ultimi lembi della “sinistra” parlamentare e dal vasto silenzio complice di tanta parte del movimento sindacale, ha bisogno di reagire.
Di tornare nelle piazze, di rialzare la testa, di riprendere le antiche e contemporanee bandiere del lavoro e del socialismo.
L’iniziativa nazionale dello scorso 27 febbraio ci ha detto che la via della lotta è non solo necessaria, ma possibile!
Le stesse contraddizioni tra gli interessi strategici delle forze economiche imperialiste USA che spingono Biden verso una politica di sanzioni, rottura dei rapporti economici, aggressività e di provocazione contro la Cina e la Russia, e le mete strategiche di un’altra parte di paesi che intendono invece mantenere e sviluppare i rapporti economici con l’area euro-asiatica, possono aprire spazi di “manovra” per il movimento operaio italiano ed europeo, dando ancor più concretezza e verosimiglianza alla lotta che deve avere come bussola la pace nel mondo, nonché la sconfitta del sistema imperialista e la fine della perenne minaccia rappresentata da questo alla vita e al benessere delle nazioni.
Il “Comitato 27 febbraio” vuole, attraverso la sua azione, creare e porre le basi non solo per un efficace contrasto al governo Draghi, ma per una decisa lotta contro il sistema di cui è espressione, con la prospettiva della costruzione di una nuova Italia socialista. La lotta per l’emancipazione sociale e per il radicamento di classe va collegata anche ad una ricerca della sovranità realmente popolare che l’Italia non ha mai avuto.
Noi ci siamo, come “Comitato 27 febbraio contro il governo Draghi”, per dare il nostro contributo. E – pur coscienti dei nostri limiti – siamo in piazza, nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro e di studio, per ricominciare, per non chinare la testa.

ROMA 8 Marzo 2021.

Associazione e rivista Cumpanis
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Partito Comunista
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