Lo stato di emergenza dichiarato dalle istituzione il 31 gennaio 2020 dura ormai da più di un anno. Quello che abbiamo visto in questi mesi è stato un sempre maggiore esautoramento del Parlamento, l’accentramento decisionale nelle mani dell’esecutivo e la sospensione di fatto delle tutele ancora previste dalla Costituzione.

Ciò che sta prendendo forma davanti ai nostri occhi è un sistema sociale che fa dello stato d’ eccezione e del controllo le sue fondamenta, minando fortemente quello che fino al 2019 conoscevamo come stato di diritto, andando avanti nel percorso di distruzione di qualsiasi spazio democratico e politico.

Le istituzioni, se da una parte hanno sfruttato l’epidemia da Covid-19 per sovvertire l’ordine democratico e accentrare ancora di più in poche mani il potere, dall’altra si sono rivelate completamente incapaci di affrontare la crisi sanitaria vera e propria.

Le colpe però non sono individuali e personali, è il sistema capitalista e incentrato sul profitto che ha determinato l’impossibilità di far fronte a una situazione assolutamente gestibile disponendo dei giusti mezzi e delle corrette linee d’azione.

Una visione economicistica della sanità, ridotta a bene fonte di guadagno, ha giustificato i tagli alla sanità pubblica imposti dall’Unione Europea e realizzati da politici conniventi, di destra e di sinistra. La sanità era considerata allora un servizio sacrificabile.

La progressiva disintegrazione della scuola iniziata negli anni passati è culminata con la didattica a distanza, che lungi dall’essere un provvedimento provvisorio, elimina la funzione sociale ed educativa della scuola compromettendo lo sviluppo psico-fisico di bambini e giovani.

E’ stato negato il diritto al lavoro ai lavoratori autonomi e i ricatti e la repressione verso i lavoratori dipendenti si sono fatti sempre più pesanti, con prospettive di ristrutturazione e di revisione dei contratti collettivi.

Mentre le masse pagano i costi della crisi, i grandi imprenditori e le multinazionali si arricchiscono e accrescono il loro potere all’interno degli stati.

Abbiamo visto quella che poteva sembrare una linea sbagliata e transitoria del governo Conte consolidarsi e diventare prassi con il governo Draghi, nominato su consiglio degli Stati Uniti e della grande finanza ed appoggiato da tutti i partiti presenti in Parlamento i quali hanno dimostrato finalmente di essere tutti dalla stessa parte, contro le masse lavoratrici.

Questo sistema è inconciliabile con gli interessi del popolo per questo serve smettere di elemosinare diritti da chi ha scientemente deciso di negarli.

Serve una rottura con tutto quello che ci ha condotti fino a qui, dobbiamo lottare per una nuova Italia socialista.

Scendiamo in piazza perché vogliamo che dentro ai palazzi capiscano che noi ci siamo e non siamo più disposti ad accettare in silenzio la nostra rovina e quella del nostro Paese.

Roma-8 maggio- Montecitorio