di veronica duranti

Un ragazzo diciottenne di Fano si è incatenato ad un banco di scuola per protestare contro l’utilizzo della mascherina. Per questo è stato ricoverato in un reparto psichiatrico. Questo è quanto basta e quanto rileva della notizia per criticarla e per cogliere la gravità del fatto, il quale spalanca le porte della peggiore pratica di tutti i regimi autoritari; ossia la psichiatrizzazione del dissenso.

Quello che non rileva è il motivo che ha spinto il ragazzo ad incatenarsi al banco: avrebbe potuto essere il cambiamento climatico, la corruzione, la povertà. Lui protestava contro la mascherina. Non sta a noi entrare nel merito della fondatezza delle sue proteste. L’utilizzo della mascherina, essendo una misura sanitaria, ha delle tesi che ne sostengono l’efficacia e delle tesi che la smentiscono, alcuni medici sono a favore, altri contro, la maggior parte dei Paesi ha adottato la mascherina come strumento di prevenzione della trasmissione del Covid-19, solo il dibattito scientifico e le ricerche in merito possono confermarci o smentirci l’utilità del presidio. Lo stesso discorso vale per le motivazioni giuridiche che il ragazzo adduce a sostegno dell’incostituzionalità della mascherina a scuola; è la giurisprudenza e i diversi indirizzi interpretativi dei costituzionalisti che devono stabilire se l’utilizzo della mascherina è contestabile o no sulla base della sua costituzionalità.

Il ragazzo ha protestato quindi, in difesa di una sua tesi e di una sua idea, appunto dimostrabile o smentibile, e come tutte le tesi ed ha tutto il diritto di farlo. Da sempre gli uomini protestano per le proprie idee. Quello che spetta a chi viola una norma di comportamento è una sanzione, il ragazzo di Fano sarebbe dovuto essere stato multato, sospeso dalla scuola, al limite portato in questura, non curato.

Sta qui la gravità del fatto ed è questo lo scenario distopico del futuro non troppo lontano che ci aspetta e che anzi, come dimostra l’accaduto è già qui: il dissenso non viene represso, l’azione non viene punita con la legge perché, quello che è stato stabilito dall’autorità è che chi la contesta non è un trasgressore o un contestatore, ma un pazzo.

Questa è la pietra tombale sul contraddittorio, su ogni tipo di contraddittorio che si parli di politica, di economia o di scienza. Chi contesta la tesi sostenuta dal governo, o comunque il pensiero dominante non è un oppositore ma un malato mentale che deve essere riabilitato e rieducato alla vita civile. La ridicolizzazione dei dissenzienti diventerà la norma, la loro riduzione ad esseri che devono essere compatiti e considerati soggetti instabili, lo svilimento delle ragioni delle loro posizioni e la loro riduzione a fantasticherie renderà innocua ogni forma di lotta.

Non solo. Quella che viene sanzionata è la forza del gesto. Protestare va bene ma in modo educato, composto, non esagerato, possibilmente online e senza esternare pubblicamente la passione per i propri ideali e per ciò per cui si combatte. Per motivi politici la gente si è data fuoco, è morta facendo lo sciopero della fame, ha assaltato palazzi e caserme. Erano pazzi? Il popolo dei like e di Netflix risponderebbe di si.

Citando Stalin “Non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta”; d’ora in poi chi non porterà i guanti di seta non sarà un oppositore politico, ma un paziente psichiatrico.