Di Veronica Duranti

Il Recovery Fund, descritto all’unisono dai media come la salvezza dell’economia nazionale e come l’unico strumento per evitare la catastrofe economica e sociale, è in realtà l’ennesima spinta dell’Unione Europea verso la completa cessione della nostra sovranità politica ed economica ed è il pretesto per un sovvertimento del sistema politico italiano che figura come laboratorio di nuovi paradigmi sociali.

Molti si soffermano sull’aspetto qualitativo della divisione delle risorse del Recovery, intendendolo come solo strumento economico, e quindi contestano la mala gestione dei fondi prossimi all’arrivo, dalla qualità degli investimenti a possibili fenomeni di corruzione relativi alla loro amministrazione. Questo è corretto ai fini di mera indagine, dalla quale si comprende comunque come quel denaro non venga destinato a progetti di giustizia sociale e a favore della classe lavoratrice in senso progressista, ma venga indirizzato verso attività del tutto inutili, o addirittura dannose, socialmente pericolose e controverse, dettate da un’agenda europea e sovranazionale (si veda ad esempio la digitalizzazione del mondo della scuola per realizzare gli obiettivi di sostituzione delle classi in presenza con la didattica a distanza nell’ottica di una futura quasi completa sostituzione di questa alla prima).

Il problema cruciale del Recovery non è comunque come verrà impiegato il denaro, ma è esso in sé, poiché non è uno strumento solo economico, ma essenzialmente di controllo politico. A prescindere da come quei soldi vengano utilizzati, il Recovery deve essere rigettato in toto come mezzo imperialista della finanza e del capitale europeo.

La parte più bizzarra e allarmante del Recovery Plan è la sua gestione, la quale sembra giustificare il sovvertimento del sistema politico italiano da parte di questo governo. Se andiamo a vedere come verrà gestito il PNRR, è evidente che ci sarà uno scavalcamento degli organi di rilievo costituzionale, sostituiti, nell’operatività e nelle decisioni, da organi del tutto inconsueti. Indagando, si nota che questi nuovi organismi sono totalmente subalterni alla figura del Presidente del Consiglio, il quale concentra nelle sue mani un potere non indifferente.

La responsabilità di indirizzo del Piano, è assegnata al Presidente del consiglio dei ministri.

Viene istituita una cabina di regia presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, alla quale

partecipano di volta in volta i Ministri e i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei

ministri competenti in ragione delle tematiche affrontate in ciascuna seduta.”

I poteri della cabina di regia sono di “indirizzo, impulso e coordinamento generale sull’attuazione degli interventi del PNRR.”

Da quanto si legge si può comprendere come non esista una composizione fissa della cabina di regia e la funzione di indirizzo sia affidata al Presidente del consiglio, il quale la presiede e risulta essere l’unico membro fisso nell’espletamento di questa funzione.

Viene istituita una Segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che supporta le

attività della Cabina di regia, la cui durata temporanea è superiore a quella del Governo che la

istituisce e si protrae fino al completamento del PNRR entro il 31 dicembre 2026.”

Vediamo qui come la Segreteria tecnica abbia vita più lunga del governo che la istituisce, modifica necessaria visto che l’esecuzione del PNRR vincola anche i successivi governi, svuotando di fatto il valore politico delle prossime elezioni e riducendole a una mera formalità visto che i nuovi eletti saranno vincolati ai diktat dell’Unione Europea fino al 2026.

Presso la Presidenza viene anche istituita un’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento

dell’efficacia della regolazione, con l’obiettivo di superare gli ostacoli normativi, regolamentari e

burocratici che possono rallentare l’attuazione del Piano”

Sempre presso la Presidenza viene quindi istituito un organo che può superare gli “ostacoli normativi”. Praticamente viene istituito un organo ad hoc autorizzato a operare nell’illegalità qualora la legalità rallenti l’attuazione del Piano.

Quindi gli organi preposti alla funzione di indirizzo, quella che spetterebbe, volendo fare un parallelismo con la situazione ordinaria, al Parlamento (parallelismo comunque forzato, poiché questi organi non solo hanno la funzione di indirizzo politico, indirizzo proveniente tra l’altro dall’Unione Europea, ma hanno anche altre prerogative del tutto peculiari), sono il Presidente del consiglio, la Cabina di Regia, la Segreteria Tecnica, l’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della realizzazione e il Tavolo permanete per il partenariato economico. Di fatto però, fatta eccezione per l’ultimo organismo, tutti i precedenti si risolvono, sostanzialmente, nella figura del Presidente del consiglio e, saltuariamente, dei ministri.

Sono stati poi previsti dei “poteri sostitutivi” che vanno ancora di più a rendere subalterna la vecchia impostazione alla nuova.

“In caso di mancato rispetto da parte delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province o dei

Comuni degli obblighi e impegni finalizzati all’attuazione del PNRR, il Presidente del Consiglio

dei ministri, nel caso in cui sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR

e su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore

interessato un termine non superiore a 30 giorni per provvedere.

In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro,

sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l’amministrazione, l’ente, l’organo o

l’ufficio, o i commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o

provvedimenti necessari, oppure di provvedere all’esecuzione dei progetti.

In caso di dissenso, diniego o opposizione proveniente da un organo statale che può precludere la

realizzazione di un intervento rientrante nel PNRR, la Segreteria tecnica – se un meccanismo di

superamento del dissenso non sia già previsto dalle vigenti disposizioni – propone al Presidente del

Consiglio dei ministri, entro i successivi 5 giorni, di sottoporre la questione all’esame del Consiglio

dei ministri per le conseguenti determinazioni.”

Vediamo in questa parte come la segreteria tecnica e il Presidente del Consiglio si pongano al di sopra degli organi statali. La realizzazione degli obiettivi del PNRR è così strategicamente importante per la classe dominante nazionale e straniera che è stato ritenuto indispensabile assicurarsi che la politica nazionale ne venisse estromessa o ridotta al rango di semplice esecutore. Si sta dunque delineando quello che potrebbe essere lo scheletro della nuova architettura di potere dell’Italia dei prossimi anni, la quale, come vediamo, può non osservare norme di legge esistenti e sostituirsi addirittura ad amministrazioni locali (elette) e previste dalla Costituzione e comunque agli organi statali. Il PNRR verrà quindi realizzato senza possibilità di dissenso.

Ritengo poi che si possa parlare di poteri sostitutivi riguardo all’intera struttura creata per la gestione del PNRR visto che, essendo la gestione di questo il fondamento delle riforme che verranno attuate da qui al 2026, esso non è un’attività accessoria del consueto esercizio della politica nazionale. Se lo fosse stata, anche se non giustificabile, la creazione di organismi preposti alla sua realizzazione non avrebbe intaccato la struttura del sistema politico. Al contrario, la centralità del PNRR porta con sé la centralità della macchina politico-amministrativa creata per attuarlo, la quale di fatto si sostituisce alla struttura precedente e agli stessi organi costituzionali, accantonando la classica divisione dei poteri tra Parlamento e Governo e rendendo lecito “superare gli ostacoli normativi, regolamentari e burocratici che possono rallentare l’attuazione del Piano”.

C’è chi ritiene che niente sia cambiato dal 2019, che comunque sia sempre capitalismo. Non è vero. E’ sempre capitalismo, questo sì, ma cosa resta della democrazia rappresentativa? Può tranquillamente dirsi totalmente superata. Non solo, andando ad analizzare più in profondità la situazione si potrebbe dire che non esiste più non soltanto il legame rappresentativo, ma che si è rotto il patto sociale che, con tutti i suoi limiti, ha legato i politici ai cittadini dal 1948 ad oggi. La Costituzione della repubblica italiana è stata più volte modificata e di fatto non è mai stata applicata integralmente, ma mai nessun organo di rilevo costituzionale ha operato formalmente al di fuori dei limiti posti da questa. La formalità non è un requisito indifferente nell’affermare un cambio di regime. Dovremmo domandarci quale ruolo ognuno di noi ha in questa nuova società, quale è la natura delle regole e dei divieti che ci vengono imposti, se chi li impone ha realmente l’autorità per farlo e se possa dirsi ancora esistente l’Italia repubblicana. A mio avviso le risposte sono tutte e tre negative.

In tal modo, nel momento stesso in cui il Governo usurpa la sovranità, il patto sociale è infranto e tutti i semplici Cittadini, rientrati di diritto nella loro libertà naturale, sono forzati ma non obbligati a obbedire.” (J.J. Rousseau, il Contratto sociale)

Quello che resta da fare non è lottare per il vecchio, che non esiste più, ma costruire il nuovo. L’Italia è di fatto in questo preciso momento storico un territorio – dal punto di vista propriamente geografico – conteso tra chi ha archiviato il regime politico precedente e tutti gli altri. Non resta che contrapporre alla loro Nuova Italia di ispirazione Piduista la Nuova Italia Socialista. Organizzare il potere popolare e la guida politica che porti alla realizzazione di una nuova Assemblea Costituente.

L’Assemblea Costituente che darà vita a una Nuova Repubblica Italiana Socialista.

È questa la tendenza naturale e ineluttabile dei Governi meglio costituiti. Se Sparta e Roma sono morte, quale Stato può sperare di durare per sempre?”

(J.J. Rousseau, Il Contatto sociale)