della commissione potere popolare

“E guardando alle nazioni che hanno già conquistato un grado qualunque di libertà, ditemi, ah ditemi, fratelli mie nella lotta, d’onde deriva l’incessante e sempre crescente lagnanza del popolo, delle classi laboriose, dei milioni che gemono e fremono? Non è quel fremito di dolore una energica protesta contro l’impotenza di questa imperfetta dottrina che costituisce l’individuo mezzo e fine ad un tempo?”

Giuseppe Mazzini


L’azione non avente come base una solida comprensione del mondo e dell’ambiente in cui ci si muove è destinata a fallire quando non direttamente ad avere effetti controproducenti. Per questo è fondamentale comprendere quale sia l’estensione della classe lavoratrice in Italia, in quali segmenti si articoli, chi siano i suoi oppressori e i rapporti di forza fra questi e di chi possono vantare il servizio ideologico, culturale, informativo e coercitivo. E’ infatti dalla totalità delle relazioni che possiamo veramente cogliere la disposizione delle parti e la loro forza relativa. Non basta sapere il volume di una data categoria o la
preminenza di una tale tipologia contrattuale, occorre andare oltre alle apparenze burocratiche per cogliere le dipendenze ideologiche, la percezione di sé e la consapevolezza della propria condizioni. Se infatti la forza bruta di una data classe può essere rappresentata dalla sua potenza economica, e quindi politica, è grazie alle armi ideologiche e culturali che questa può perpetuare il suo dominio ed imporre come oggettivo
ed assoluto un dato orizzonte mentale. La coscienza di classe dell’alta borghesia vittoriosa si trasforma necessariamente dell’estensione del proprio modo di pensare e di vedere il mondo alle classi subalterne, che si vedranno come potenziali o futuri milionari, prenderanno come modelli da seguire i campioni della classe loro avversa, mutuandone comportamenti e valori. Questa vittoria nei cuori e nelle menti permette di suggellare quella nei rapporti di forza politici ed economici.
Serve quindi prendere coscienza di sé, della propria classe, della parte all’interno di essa che si occupa e della totalità delle forze che si sperimentano. Solo così si avrà una chiara visione d’insieme, necessaria per l’azione politica.


Le classi laboriose


Come Marx ed Engels scrivevano nel Manifesto del Partito Comunista, nella società borghese “coloro che lavorano non guadagnano, e coloro che guadagnano non lavorano”.
Questo è assolutamente vero per la stragrande maggioranza degli italiani, la parte che vive
fondamentalmente del proprio lavoro e che si vede spogliata direttamente od indirettamente dei
frutti di questo. Intorno ad essi vi sono i rispettivi figli o parenti a carico, che vivono comunque del
lavoro dei loro tutori, e i pensionati, che hanno vissuto del proprio lavoro e ancora ne godono una
parte dei frutti, o ancora chi vorrebbe, o avrebbe voluto, lavorare, ma gli è stato impedito dai
meccanismi del mercato. A questa parte della popolazione appartengono dunque persone di
diversa mansione e fascia reddituale, in un eterogeneo gruppo che arriva dal sottoproletariato e
dagli eserciti di disoccupati fino alla piccola borghesia. La caratteristica fondante di questo
gruppo, maggioritario, è come abbiamo detto il valore sostanziale del proprio lavoro, il che
ammette altre fonti di reddito o lo sfruttamento di lavoro dipendente, purché marginale
nell’insieme. Il piccolo proprietario che partecipa alla produzione va considerato da questo punto
di vista lavoratore, scindendo quindi la componente “padronale” e parassitaria, in questi casi
marginale, da quella produttiva.
Ovviamente non si deve scambiare l’appartenenza al campo di chi vive del proprio lavoro come
una garanzia di omogeneità né dal punto di vista politico né da quello culturale. E’ assolutamente
vero che la piccola borghesia subirà di per sé sempre e comunque l’influsso della propria piccola
proprietà, tentando in ogni modo di difenderla non comprendendo la natura cannibalistica della
proprietà privata, come è vero che il sottoproletariato sarà sempre in balia di chi saprà garantirgli
un momentaneo sostentamento, o che chi vede la propria sopravvivenza legata a sussidi statali
raramente sarà disposto a vedere nel cambiamento radicale una strada conveniente. Ma le
differenze interne non possono cambiare il fatto che la parte della barricata dalla quale si sta è
materialmente la stessa. Chi vive del proprio lavoro sarà sempre nella realtà materiale
contrapposto a chi vede la propria fortuna garantita dal furto dei frutti del lavoro altrui.


I dati

Quanti sono coloro che in Italia vivono, hanno vissuto o vorrebbero vivere del proprio lavoro? Per
Comprenderlo serve prima schematizzarne la struttura. Sicuramente possiamo includere in essi i
lavoratori dipendenti pubblici e privati, avendo però cura di rilevare come la dipendenza
lavorativa non sempre si riflette in una comunanza d’interessi immediati col resto della classe
lavoratrice: personale apicale, “aristocrazia operaia” e grandi incarichi rendono il lavoratore
politicamente ed economicamente più vicino alle classi parassitarie, nonostante il vincolo
salariale. Allo stesso modo, come già detto, serve integrare al conto le fasce minori della
borghesia e i lavoratori autonomi. Aggiungiamo quindi i disoccupati, veri o costretti al lavoro
nero, e tutte quelle fasce di lavoratori la cui condizione è in parte, o totalmente, vittima di
situazioni illegali o precarizzanti, legate alla microcriminalità, al caporalato, alla “precarietà” della
prestazione lavorativa o contrattuale. Quindi anche il sottoproletariato, che da Nord a Sud
vediamo relegato nelle periferie tanto materiali quanto ideali della società, rappresentato dai
migranti, da parte dei nomadi e degli abitanti delle periferie, da chi è vittima della prostituzione,
da chi vive grazie alla microcriminalità. Ma non solo: anche gli studenti sono da considerare
come parte di questa categoria, perché per quanto il corpo studentesco sia “interclassista” e
ciascuno abbia differenti condizioni materiali a cui far fronte, fintanto che non si è immessi
pienamente nell’universo politico ed economico della società si è sottoposti, più o meno
direttamente, ad una serie di contraddizioni sperimentabili e concrete, che vanno dalla natura del
sistema scolastico italiano a quella dei trasporti, dal mondo della ricerca ai disagi familiari. Per
ultimi possiamo includere i pensionati, che se rapportati all’occupazione e agli scaglioni reddituali
possono essere chiaramente suddivisi in base al loro ruolo economico.
Approssimando, senza dimenticare, i casi limite, in totale abbiamo:
Lavoratori dipendenti: 17.785.000, di cui 15 milioni a tempo indeterminato
Di cui 3.500.00 nel settore pubblico
Lavoratori autonomi, liberi professionisti o “parzialmente autonomi”: 3.900.000
(A fronte di circa 300.000 manager di imprese medio grandi)
Disoccupati (ufficiali): 2.400.000
Studenti (di ogni ordine e grado): 9.280.000
Pensionati: 16.035.000
Si parla di quasi 49 milioni e mezzo di persone, ai quali vanno aggiunti 2.264.000 bambini in età
prescolare, per un totale quindi di più di 50 milioni di persone, i ⅚ del paese.
La distribuzione della ricchezza in Italia può fornirci dati aggiuntivi per contestualizzare questi
numeri: al 2019 la ricchezza nazionale netta era valutata pari a 9.297 miliardi, di cui il 70%
detenuto dal 20% della popolazione, il 16,9% di un altro 20% mentre il restante 60% della
popolazione si trovava in possesso di appena il 13.3% della ricchezza. Con gli effetti devastanti
del 2020 abbiamo visto un ulteriore concentramento della ricchezza, con parti significative della
popolazione gettata dalla sicurezza relativa alla precarietà, o dalla precarietà alla totale
disperazione. Nonostante il blocco dei licenziamenti si sono registrati più di un milione di ingressi
tra le fila dei disoccupati, mentre l’80% dei lavoratori autonomi ha subito contraccolpi gravi e il
15% delle famiglie ha visto direttamente il dimezzarsi del proprio reddito. Possiamo vedere
quindi come anche in Italia la contraddizione di fondo del sistema capitalista sia pervasiva: il
profitto è detenuto nella sua parte preponderante da una minoranza parassitaria, priva di rapporti
concreti col processo produttivo, ma che in virtù del suo diritto di proprietà è lasciata libera di
vivere alle spalle di gran parte del paese, quei milioni di lavoratori che sono i veri artefici della
produzione della ricchezza e del progresso.


I cani da guardia

Il potere economico è potere politico. L’estrema concentrazione della ricchezza nazionale nelle
mani di pochi individui non può che generare uno squilibrio di influenza e di potere politico. Per
questo vediamo la cosiddetta “stampa mainstream” pedissequamente allineata sulle medesime
posizioni sulle questioni strutturali, dividendosi unicamente sulla gestione interna al potere della
classe borghese. Questa ricopre un ruolo principe nella repressione preventiva dei moti popolari
e nell’imposizione dell’ideologia dominante. Giornalisti, “influencer”, figure pubbliche, attori,
scrittori: tutti questi sono armi nelle mani della tirannide borghese. Elencheremo ora alcune di
queste figure, non necessariamente le più importanti, ma rappresentative della vasta gamma di
agenti del sistema.


“Anzitutto l’operaio deve negare recisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese. Egli
dovrebbe ricordarsi sempre, sempre, sempre, che il giornale borghese (qualunque sia la sua
tinta) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi.
Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un’idea: servire la classe dominante,
che si traduce ineluttabilmente in un fatto: combattere la classe lavoratrice. E difatti, dalla
prima all’ultima riga, il giornale borghese rivela questa preoccupazione.”

A. Gramsci, I giornali e gli operai, 1916

Eugenio Scalfari – Contribuì a fondare l’Espresso ed è fondatore del quotidiano la
Repubblica. Si posiziona politicamente fra i liberal-radicali. Tra le prime esperienze
giornalistiche di Scalfari c’è Roma Fascista, organo ufficiale del GUF (Gruppo Universitario
Fascista). Negli anni successivi Scalfari continua a collaborare con riviste e periodici legati al
fascismo, come Nuovo Occidente, diretto dall’ex squadrista e fascista cattolico Giuseppe
Attilio Fanelli. Nel 1942 Scalfari sarà nominato caporedattore di Roma Fascista. Dopo la fine
della seconda guerra mondiale entra in contatto con il neonato Partito Liberale Italiano,
conoscendo giornalisti importanti nell’ambiente.
Marco Travaglio – Travaglio si definisce “liberal-montanelliano”. In un’intervista rilasciata nel
2008 a Claudio Sabelli Fioretti, Travaglio dichiara: «in Francia voterei a occhi chiusi per uno
Chirac, un Villepin». «In Germania voterei Merkel sicuro. Mi piacevano molto Reagan e la
Thatcher». Nella trasmissione Niente di personale su LA7, ha ammesso di aver votato Lega
Nord – anche se solo in una delle due Camere – alle elezioni politiche del 1996. Per le
elezioni politiche del 2018 ha dichiarato il voto per il Movimento 5 Stelle. Per il referendum
costituzionale del 2020 relativo al taglio del numero dei parlamentari, Travaglio ha dichiarato
il proprio sostegno al Sì.
Enrico Mentana – Autore e conduttore di programmi di informazione e approfondimento, dal
30 giugno 2010 è il direttore del TG LA7. Nel dicembre 2018 ha fondato Open, un giornale
online. Egli è molto attivo sui social dove è impegnato a ridicolizzare qualsiasi posizione non
ortodossa rispetto alla narrazione liberal-capitalista, dalla politica internazionale alla
questione pandemica. Si può notare anche una sua spiccata ambiguità, che l’ha portato a
prendere parte a dibattiti con esponenti di Casapound, oltre che ad un fastidioso
“cerchiobottismo”.
Alessandro Masala (Breaking Italy) – “Youtuber” diventato celebre per il suo canale a
YouTuber a tema giornalistico Breaking Italy. E’ impegnato nella diffusione di propaganda
atlantista ed unionista, cercando di veicolare ai più giovani l’aderenza incondizionata
all’ideologia liberale e la fedeltà all’Occidente.
Roberto Burioni – attivo nella ricerca e nella divulgazione scientifica, porta avanti un’idea di
scienza asservita al volere del padronato. E’ segnalabile la sua ostilità a qualsiasi principio
democratico e, in generale, alle manifestazioni popolari. Fautore di una mentalità tecnicistica
ed “aristocraticheggiante”, dall’inizio della questione covid si è messo in mostra come ospite
fisso di giornali e televisioni con previsioni catastrofiste spesso errate e con il supporto a
qualsiasi misura restrittiva e securitaria. . È responsabile di un laboratorio di ricerca
immunologica volto allo studio della risposta immune contro patogeni umani, alla messa a
punto di farmaci basati su anticorpi monoclonali umani ricombinanti e nell’utilizzo di
strumenti molecolari per la diagnostica precoce di malattie infettive. È titolare di brevetti
internazionali relativi a procedure di immunologia molecolare, anticorpi monoclonali umani e
farmaci immunologici.
Zerocalcare – Famoso per i suoi fumetti a tema socio-politico e per il supporto grafico e
materiale dato a diverse realtà “antagoniste”. E’ segnalabile il suo supporto, con tanto di
fumetto dedicato, ai separatisti curdi, dipinti nella lotta contro lo Stato Islamico ma ignorando
al contempo il ben più sostanziale contributo dato nella sconfitta di questo da parte
dell’esercito siriano, oltre che alla funzione imperialista dei gruppi curdi, finanziati e
spalleggiati dagli USA.
Matteo Saudino – professore impegnato nella diffusione filosofica su Youtube. Aderente a
Potere al Popolo, ora impegnato nella promozione della retorica governativa sulla pandemia,
con tanto di appoggio al Green Pass.
Chiara Ferragni – Nota “influencer”, abbina le sue campagne contro “odio e discriminazioni”
a rapporti commerciali con aziende quali Amazon. Le sue prese di posizioni a favore del
DDL Zan e il suo totale silenzio sulle radici materiali e di classe di qualsiasi forma di
discriminazione l’annoverano a pieno fra chi dal proprio piccolo mondo dorato riesce a
vedere solo la realtà dipinta dai media e dall’ideologia borghese.
Fedez – Nel 2021, successivamente alla performance con Francesca Michielin al Concerto
del Primo Maggio, il rapper è intervenuto durante il concerto leggendo un discorso in difesa
del Ddl Zan dei diritti LGBT in Italia, riportando citazioni omofobe di esponenti del partito
della Lega Nord, tra cui Matteo Salvini, Simone Pillon, Giovanni De Paoli, Andrea Ostellari e
Alessandro Rinaldi, nei confronti dell’omosessualità e libertà sessuali. Tipico caso di
attivismo performativo, mirato a dare una visione di sé edulcorata presentando un
messaggio apparentemente ribellistico ma in realtà pienamente inseribile nella dialettica
sistemica. Di fatti nella canzone “Tutto il contrario” prende in giro Tiziano Ferro per il suo
coming out. Altri versi omofobi sono riscontrabili nei suoi testi, tra cui “Ti porto con me”. E’
inoltre da sottolineare che il suo supposto “impegno sociale” avviene di concerto ad una sua
partnership come Amazon, non certo il leader nella difesa dei diritti umani e dei lavoratori.
Kabhi lame – Interessante figura che mostra come chiunque possa diventare un megafono
della propaganda imperialista, a priori di qualsiasi impegno o peso politico. Diventato il
possessore di uno dei profili Instagram più seguiti al mondo grazie ai suoi virali video, in
occasione del tentativo di rivoluzione colorata a Cuba anch’egli ha contribuito a diffondere
l’hashtag #soscuba a sostegno delle mobilitazioni reazionarie.


I burattinai

Sopra a tutti non possiamo che trovare i soliti oligopoli, sempre più onnipresenti – oltre che
onnipotenti – in tutte le sfere sociali. Pur stando a capo di tutto ciò che possiamo
immaginare, sono proprio quelli che più ci tengono a nascondere i propri fili al grande
pubblico, mandando sul palco le marionette.
Partendo appunto dai media, non possiamo non notare come tutti i canali mainstream –
siano essi legati a partiti di destra o “sinistra” – seguano, nelle questioni riguardanti
l’economia nel suo complesso e la politica internazionale, la stessa linea di comunicazione.
Tutti, in maniera velata o più esplicita, sono dalla parte dei padroni: chi di uno, chi di un altro.
Le fazioni son poche. E poche sono le cerchie di padroni a cui fanno rispettivamente
riferimento.
Si veda infatti come Fininvest – holding al 97,6% in mano a vari membri della famiglia
Berlusconi – possieda in maggioranza tutti i canali Mediaset – che non si ferma alla TV:
comprende anche R101, Radio 105, Radio Subasio, Radio Monte Carlo, e gestisce Virgin
radio Italia – l’Horizon Media International (che sforna programmi), e la celebre casa editrice
Mondadori – di cui fanno parte anche Rizzoli, Fabbri editori, Einaudi, Piemme, Focus ed
altri. Non contando inoltre la testata Il Giornale, in precedenza controllato direttamente da
Fininvest ma poi ceduto, comunque, ad un membro della famiglia Berlusconi, per via di
cavilli legali.
Subito dopo troviamo un altro gigante, anche se con una capitalizzazione pari a circa 6 volte
meno della Fininvest, in mano ad un altro magnate. Urbano Cairo possiede infatti il 50,1%
della holding Cairo Communication, i cui tentacoli affondano sul canale la7 e, in
maggioranza, la RCS MediaGroup, che comprende a sua volta il Corriere della Sera, la
Gazzetta dello sport, Oggi, e varie testate di minore importanza ma che contribuiscono
comunque a portare una certa egemonia nella nostra società assuefatta dal consumo, quali
Abitare, Io Donna, ed altre riviste simili.
Troviamo poi il gruppo editoriale Gedi – il cui direttore è Maurizio Molinari –, che possiede La
Repubblica, L’Espresso, La Stampa, Il Secolo XIX, gestisce inoltre HuffPost Italia, Business
Insider Italia, Mashable Italia, e in parte National Geographic, oltre a controllare varie testate
giornalistiche locali; possiede anche Radio Deejay, Radio Capital, Radio m2o, e la più antica
concessionaria di pubblicità italiana A. Manzoni & C.
E il gruppo Gedi non si ferma a tale livello; infatti, nella sua totalità, fa parte a sua volta del
gruppo Exor – 37esimo gruppo al mondo per fatturato –, controllato dalla famiglia
Agnelli-Elkann.
C’è poi la Monrif, che porta a spasso il Resto del Carlino, La Nazione, e Il Giorno.
Come non contare poi il Sole 24 ore; oggettivamente il quotidiano più importante per quanto
riguardano le notizie legate all’economia. Notizie, articoli praticamente sempre di parte,
filo-padronali, e, guarda caso, in mano in maggioranza a Confindustria.
Non si salva nessun media mainstream: per contrastare le testate oramai già enormi e
subentrare nel gran mercato è indispensabile un’immensa mole di capitale; non si salvano,
infatti, neanche Freeda – allo stesso tempo sconosciuta, e comunque al secondo posto per
fatturato (anno 2019), in quanto molto attiva sui social tra i giovani lettori, soprattutto lettrici –
dell’AG Media s.p.a. – che è controllata a pezzetti tra vari soggetti legati alla Fininvest (con
Luigi Berlusconi stesso), Publitalia 80 (della Fininvest), la famiglia Elkann (quindi Exor),
Trussardi, e, in maggioranza, la francese venture capital Fpci Alven Capital V –, e neanche
Fanpage.it (e la sua YouMedia) di Ciaopeople media group – con a capo l’immobiliarista
Gianluca Cozzolino –, né Linkiesta – che, seppur con delle casse minute, ha tra i vari
direttori soggetti legati direttamente a Confindustria.
Passando alle infrastrutture e ai servizi che dovrebbero esser pubblici, ricordiamo di nuovo
Confindustria, che possiede l’Università LUISS di Roma; o ancora Fininvest, che possiede il
teatro Manzoni (Milano), oltre ai servizi aerotrasporti (privati) Alba. E si deve esser ciechi per
non ritrovarsi la famiglia Benetton, a capo della holding Edizione, che affonda i propri
tentacoli sul settore infrastrutturale con la sua Sintonia s.p.a., che possiede a sua volta,
attraverso il sotto-gruppo Atlantia, il 99,4% degli Aeroporti di Roma, SPEA engineering e
Pavimental – che ancora possiedono la concessione di “manutezione” (s’è visto come) delle
autostrade italiane (fino a poco tempo fa anch’esse in mano, in maggioranza, al gruppo
Edizione) –, e Telepass – che gestisce il sistema di autopedaggio delle autostrade italiane.
Edizione possiede inoltre parti di diverse infrastrutture anche estere, in particolar modo
francesi e spagnole.
Abbiamo la SPEA (Società Esercizi Aeroportuali), che controlla in maggioranza
praticamente gli aeroporti principali del nord Italia: Milano-Linate, Milano-Malpensa,
Bergamo. Ed ecco che queste, insieme a tutti i gruppi minori, son associate ad Assaeroporti,
la società per azioni che controlla in totale 42 aeroporti civili italiani, che equivalgono a circa
il 99,9% del traffico aereo nazionale; tale Assaeroporti ovviamente è associata a
Confindustria, oltre che Federtrasporto.
E non possono ovviamente mancare tutti gli istituti di credito, di assicurazioni, ed altre
pratiche all’apice del parassitismo come quella dell’immobiliare. Ritroviamo anche qui
Fininvest – d’altronde Silvio Berlusconi ha iniziato la carriera in questo settore –, con
Gestione servizi s.p.a., che comprende a sua volta Real Estate & Services, Fininvest
sviluppi immobiliari, Edilizia Alta Italia, Immobiliare Leonardo, e, da non scordare, la banca
Mediolanum, che funge naturalmente anche da compagnia assicurativa.
Edizione invece controlla assicurazioni Generali, oltre a Mediobanca – cui Compass fa parte
– ed Edizione Alberghi – che comprende varie catene.