Negare i fatti: male. Negare le speranze: peggio.

Di Edward Snowden, tradotto da Eros R.F. dal blog “Continuing Ed

La protuberanza sull’alluce è probabilmente un cancro; i livelli di ghiaccio marino artico sono sia in diminuzione che in aumento [articolo di Forbes a riguardo]; il mondo ha 6.000 o 4,5 miliardi di anni…

Visto che sei online, lo saprai già: Google (o qualunque tuo altro motore di ricerca preferito) è in grado di vomitare dati “scientifici” per supportare, persino “confermare”, quasi tutte le teorie personali che desideri. E la verità – sì, la verità-verità – è che molti di quei dati saranno accurati, ma molti di loro non lo saranno.

Probabilmente non hai il cancro alle dita dei piedi.

Molto inchiostro è stato riversato sulle notizie false e sulla pseudoscienza che ci vengono restituite dalle nostre ricerche – le informazioni (chiamiamole così) che rispondono alle nostre domande sincere in un modo algoritmicamente allineato con le nostre preferenze e le preferenze della nostra comunità. Anche se, la parola “preferenze”, potresti anche sostituirla con “pregiudizi”…

I dati filtrati da ciò che si definisce media, al contrario dei dati filtrati da un individuo, dovrebbero essere migliori, ma non lo sono. Dopotutto, anche le statistiche della CNN, della FOX e del New York Times, qualcuno le ha cercate su Google. Questo è ciò che sono diventati i media: qualcuno che cerca su Google per te. Eppure, ogni volta che i media presentano statistiche, in qualche modo non riescono mai a ricordarci che le statistiche sono intrinsecamente incerte. Il campo delle statistiche è letteralmente lo studio dell’incertezza, delle probabilità (o improbabilità) possibili o probabili, che sono presentate dieci volte su dieci come le probabilità percentuali soggettivamente applicabili, le probabilità di Vegas che X o Y accadranno (o non accadranno) a TE.

Per molti di noi, leggere le notizie quotidiane vuol dire valutare i nostri livelli di rischio personali, eppure raramente ricordiamo – e i media non lo menzionano mai – che la vera sfida non è enumerare il rischio, ma
conviverci; individuare la via di mezzo resiliente tra negare del tutto il pericolo (e, diciamo, rifiutare di indossare una maschera in un treno o autobus affollato) e trovare nient’altro che pericolo ovunque (e, diciamo, indossare una maschera e guanti quando si è soli nel mezzo dei boschi).

Il modo in cui valutiamo il rischio è inestricabile dal modo in cui elaboriamo la paura, ed è uno dei tanti fattori che determina la nostra paranoia e la suscettibilità alla cospirazione. Gli antivaccinisti temono più
il vaccino (che salva vite) che la malattia (che pone fine o danneggia queste); i politici negazionisti del clima temono le conseguenze economiche dell’adattamento climatico più che… la fine del mondo, che,
si sa, potrebbe avere un impatto sul portafoglio.

Michael Democker/NOLA.com/Times-Picayune/Associated Press via The Washington Post

Una delle domande più interessanti ed urgenti, per me, è come affrontare una buona ricerca che porti con sé anche una cattiva notizia, specialmente quando si tratta di Covid e dei cambiamenti del nostro clima.

Si moltiplicano le varianti del coronavirus; il livello del mare e le temperature stanno aumentando, le tempeste fuori stagione sono più potenti e frequenti che mai, si stanno diffondendo incendi senza precedenti e «a meno che non ci siano riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra, limitando il riscaldamento a circa 1,5°C o anche 2°C, saranno irraggiungibili» [documento dell’IPCC].

Se non vuoi sentire parlare di queste cose, hai una scelta: puoi guardare i “dati” dell’altro lato che dicono il contrario, oppure puoi gettare il telefono nell’oceano… che tanto è spazzatura.

Quando decidiamo che la situazione è così grave che non c’è niente da fare, soccombiamo ad una sorta di paralisi civica. Una travolgente concatenazione di negatività, comunicata come una catastrofe in continua evoluzione, porta anche il più immune alla cospirazione all’apatia e all’ignoranza volontaria. E ora ecco la notizia peggiore: ci porta all’apatia e all’ignoranza volontaria, indipendentemente dal fatto che crediamo o meno alla scienza.

Prendiamo la troika nichilista [pdf presente qui] dello scienziato del clima Steven Chu:
1. persone che accettano il cambiamento climatico e pensano che sia causato dall’uomo
2. persone che accettano il cambiamento climatico e pensano che sia causato dalla natura
3. persone che non accettano affatto il cambiamento climatico
Cosa hanno in comune tutte queste persone? Che di solito sono d’accordo sul “fatto” che non si possa fare nulla.
Con il Covid-19 che persiste nel ’21 e questo autunno che segna il secondo anniversario delle nostre nuove vite, questo ceppo mutante di “negazionismo scientifico” è diventata la sua stessa pandemia, che ci lascia nella negazione della nostra capacità di implementare il cambiamento.