Di Eros R.F.

È giunta la data prefissata. 7 novembre. Qualcuno non si ricorderà cosa ci sarà domani, ma noi sì.
Era già a fine luglio del 2020 che se ne parlava, ma se già allora passò in sordina, in questo momento sarà totalmente ignorato e portato all’oblio.
Stiamo parlando delle elezioni in Nicaragua, e dei piani già pronti degli Stati uniti d’America.
Scrivemmo un articolo a riguardo nel 6 agosto dell’anno scorso [che riportiamo qui], lì parlando genericamente della situazione latinoamericana.
Oggi siamo costretti a riportare in parte ciò che fu scritto allora, con le opportune aggiunte su ciò che avvenne dopo tale fuoriuscita di documenti segreti, riportando inoltre estratti da noi tradotti di vari articoli del sito americano GrayZone, citando le opportune fonti.

Aria di golpe

Il Nicaragua, pur essendo un piccolo Paese ignorato da molti, è da tantissimi anni sotto il mirino degli USA. Dalla dissoluzione della Repubblica centroamericana per volere dell’impero,
Il presidente nicaraguense Daniel Ortega non è che l’ultimo di una sfilza di figure governative elette democraticamente apertamente anti-imperialiste e, dunque, scomode al regime nordatlantico. Le politiche volte a salvaguardare l’interesse del Popolo del Nicaragua non possono che essere in conflitto con gli interessi volti al profitto delle multinazionali americane
ed europee.
Il documento trapelato, che allegheremo più avanti, afferma che l’”Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale” (USAID) cercherebbe di provocare una crisi politica e una destabilizzazione nel Paese.
“Il programma “Sin Fronteras”, trasmesso da Radio La Primerísima, ha rivelato un documento nel quale si dettaglia che il nuovo tentativo di colpo di Stato parte dalla premessa che il presidente Daniel Ortega vincerà le elezioni nel 2021. […]
Il rapporto di 18 pagine è una “specie di punto di riferimento per contrattare un’impresa che s’incarichi del piano sovversivo e interventista”, ha indicato l’emittente.
Il documento pianifica tre scenari: in primo luogo, che l’impresa assunta crei una crisi con l’aiuto di quella che viene chiamata la società civile ed inoltre che il presidente Ortega rinunci al proprio ruolo di presidente.
Secondariamente, che si realizzino elezioni anticipate provocate da una crisi che loro stessi provocherebbero e che vinca l’opposizione.
Il terzo scenario pianificherebbe che il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) vinca le elezioni con risultati che siano o meno riconosciuti dal popolo nicaraguense e dalla comunità internazionale.
Il documento sostiene che quando l’opposizione prenderà il potere si perseguiteranno politicamente i militanti sandinisti e si dissolveranno la Polizia Nazionale e l’Esercito del Nicaragua.
Abbiamo riportato una notizia del quotidiano cubano “Granma” del 3 agosto [articolo del Granma in questione], che riferisce ciò che ha riportato a sua volta l’emittente “RT” del Paese centroamericano il 31 luglio.
Notizia poi riportata di seguito anche dalla testata digitale “The Greyzone”, che tratta tutte le notizie riguardanti le politiche imperialiste degli Stati uniti:
“Il documento descrive in dettaglio la creazione di un nuovo ‘ordine di compiti’”, chiamato Responsive Assistance in Nicaragua (RAIN), e il suo piano per ‘La transizione del Nicaragua alla democrazia’”, solito eufemismo per dire, in parole più semplici, “golpe”. Grayzone fa inoltre notare che in un documento composto da una decina di pagine la parola “transizione” viene ripetuta addirittura 102 volte.
Non serve neanche specificare “che Washington vuole installare un’amministrazione neoliberista che privatizzerà l’economia, imporrà riforme neoliberali ed eliminerà tutte le istituzioni di qualsiasi traccia del movimento sandinista di sinistra”.
Il regime di cambio di regime USAID afferma apertamente che uno dei suoi principali “obiettivi di missione” è per il Nicaragua la “transizione verso un’economia di mercato basata sulle regole”, sulla “protezione dei diritti di proprietà privata”.
Può già inorridire abbastanza, ma è fin troppo poco per gli USA; il documento, infatti, “si conclude invocando il futuro regime installato dagli USA in Nicaragua per: “ricostruire le istituzioni”, “ristabilire” i militari e la polizia, “smantellare le istituzioni parallele che sostengono il Fronte sandinista” e perseguitare i leader dell’FSLN attraverso “misure transitorie di giustizia”. In altre parole, un’approfondita eliminazione del movimento sandinista per impedirgli di tornare al potere.” [articolo di The Grayzone in questione]

È già stato fatto in Bolivia con la presidenza eletta democraticamente di Evo Morales, ovviamente nel silenzio totale dei media, nonostante le molteplici morti causate dal golpe militare portato avanti dagli Stati Uniti; sarà forse la volta del Nicaragua? E stavolta gli alleati di Washington diranno qualcosa, in quanto “paladini della democrazia”? Ovviamente no, e già il fatto che non sia stata riportata questa notizia da nessuna parte nei media mainstream del regime occidentale, né tantomeno da figure politiche dei vari Paesi, testimonia il fatto che l’Occidente non solo se ne freghi dei golpe armati ed architettati dai propri alleati nei Paesi del terzo mondo, ma anzi festeggi e si prepari a sguazzare nella propria montagna di denaro sporco di sangue, una volta instaurato il regime neoliberista nel Paese incatenato. Non mancano infatti le sanzioni portate avanti dall’Unione Europa (formalmente) contro le figure politiche del Nicaragua – accusati di malgestione del proprio Paese: “niente elezioni”, quando invece ce ne sono, “repressione contro i dissidenti”, quando invece non hanno tribunali speciali a differenza di diversi Paesi europei –, ma che, nei fatti, sono sanzioni che mirano e colpiscono non “le figure politiche”, ma tutti i cittadini. Si dovrebbe già sapere infatti che ovunque le sanzioni siano state attuate si sono rivelate misure criminali: medicinali mancanti a causa dei blocchi economici nelle importazioni, materiali per l’industria e l’edilizia insufficienti e, purtroppo, spesso anche carenza di cibo [articolo dell’Antidiplomatico a riguardo; breve articolo di Marx21 – il cui link non riusciamo più a trovare – riportato su L’Antidiplomatico sui finanziamenti USAID ai golpisti nicaraguensi].
Qui di seguito, in pdf, l’estratto della parte in questione del documento sul “Responsive Assistance in Nicaragua” (RAIN):

Ma la storia non finisce lì. In preparazione del golpe, o comunque a facilitarlo – sia direttamente che indirettamente –, son successe varie cose da quell’ormai lontano luglio 2020.

Allestendo il malcontento e preparando il golpe

Il 21 dicembre gli USA aumentano il carico delle sanzioni contro il Nicaragua, battendo i record raggiunti dall’amministrazione Trump. Il 2020 è stato, così come per Cuba, uno degli anni più duri in termini di sanzioni e blocchi economici per il Nicaragua [articolo di TeleSUR a riguardo].
Lo stesso giorno Ortega pronuncia quindi il suo discorso, non fermandosi però alla scontata denuncia contro gli USA. Vengono infatti avvisati diversi oppositori che inneggiano alle sanzioni e che ne chiamano di ulteriori: “Certamente ci sono differenze [di pensiero e posizioni], ma ciò è lontano dal chiedere ad una potenza straniera di punire il Nicaragua, che vuol dire punire i più poveri, coloro che soffrono di più quando tali sanzioni vengono fatte“; “chiunque non difenda il Nicaragua e chieda sanzioni contro il Nicaragua non merita di esser chiamato nicaraguense, e dovrebbe aver già perso il diritto di ricoprire ruoli pubblici. Stando alla Costituzione e alla legge, non dovrebbe neanche candidarsi a ruoli pubblici quando ci sono elezioni in questo Paese“. Il presidente Ortega fa notare inoltre come diversi oppositori “facciano piccoli viaggi” negli USA e in Europa, e si chiede chi finanzi tali viaggi dove vanno a parlare in giro lanciando accuse di diffamazione umiliando il Nicaragua e richiedendo nuove sanzioni contro la propria Nazione. “Non so come possano pensare che con questa attitudine saranno possibilitati a partecipare alle elezioni, se non sono nicaraguensi. È meglio se chiedano di partecipare alle elezioni statunitensi o negli altri Paesi che li finanziano. Lo fanno così da poter commettere atti di terrore qui“. [Articolo di TeleSUR; e de L’Antidiplomatico]

Il 3 gennaio 2021 viene stilato dalla commissione relazioni estere del Senato statunitense il “Renacer Act” (“rinascita”, da cosa?), che consiste nell’imposizione di ulteriori sanzioni al Paese centroamericano. [Qui il testo dell’Act, stilato già il 3 gennaio del 2021 in prospettiva delle elezioni, dal sito governativo del Congresso; e qui il documento e disegno di legge, poi approvato, del dipartimento della commissione relazioni estere].
Tali sanzioni non si fermano al classico blocco economico, tariffe negli scambi, blocchi nei viaggi, finanziamenti alle organizzazioni sovversive, ecc., ma si spingono a sanzionare inoltre, nel particolare, ogni tesserato al Partito sandinista, considerandoli criminali terroristi, loro e le loro rispettive famiglie. Di fatto, non solo si sta sanzionando tutta la popolazione per via dei blocchi economici (spacciate per sanzioni contro il governo), ma anche per via di blocchi particolari alla maggioranza della popolazione che è appunto tesserata. È considerabile democratico un Paese che costringe con costrizioni economiche e politiche tutti i tesserati di un Partito di un altro Paese? Ve la immaginate, per follia, la Cina che sanziona tutti i tesserati del partito più grande d’Italia, magari Lega o Fratelli d’Italia, negando loro per esempio le transazioni, i viaggi di loro e delle loro famiglie, i prestiti, finanziamenti con le istituzioni di credito, ecc.?
L’Act verrà approvato dal Senato a giugno, e dal Congresso, come vedremo, più avanti.
Qui, al Senato, la legislazione è stata guidata da Bob Menendez, un “dem” cubano-americano di destra che ha svolto un ruolo significativo nel colpo di Stato sostenuto dagli Stati Uniti in Bolivia nel 2019 , nonché dal senatore Marco Rubio, rappresentante repubblicano dell’estrema destra Cubano-americana a Miami.
Menendez e Rubio hanno esercitato forti pressioni per espandere le sanzioni statunitensi e aumentare le tattiche aggressive contro il Nicaragua, usando l’OAS come mezzo per punire il paese.

Ad inizio febbraio in Nicaragua passa la legge che obbliga a chiudere 2 testate finanziate direttamente dalla CIA e dal Congresso USA, con la nuova “legge sugli agenti esteri”: la sezione nicaraguense di PEN International e la Violeta Barrios della Chamorro Foundation.
Gli USA gridano alla “dittatura” [comunicato dell’ambasciata].

L’8 giugno viene arrestato il criminale golpista Felix Maradiaga, che da tempo, anni, tenta di rovesciare il governo del Paese per conto degli USA. Le dinamiche dei rapporti con le varie organizzazioni sovversive di quest’ultimo le capiremo in seguito.

Il 21 giugno, pur essendo anch’essi nel mirino di Washington per via di certe politiche almeno in parte di sinistra o comunque nazionali, Messico ed Argentina ritirano i propri ambasciatori dal Nicaragua, cedendo alle palesi pressioni statunitensi che, come vedremo di seguito, attraverso l’OAS riesce a manovrare i rapporti diplomatici ed economici tra i Paesi latinoamericani [articolo di Reuters sul ritito degli ambasciatori]. Anche se col passare dei mesi i rapporti dei due Paesi con gli USA si siano sgretolati ulteriormente, possiamo dire che, dopo questo episodio, la loro eventuale posizione contro i sandinisti dopo le elezioni di questo novembre non sarà così inaspettata.

È luglio, e a Washington sbarca la moglie di Maradiaga, Berta Valle.
Il 1 luglio, a distanza di 23 giorni dall’incarcerazione del criminale, Valle e la collega Cárdenas scrivono un articolo strappalacrime (o strampa-lacrime) in cerca di golpe, per il Washington post [articolo in questione].
Il 23 dello stesso mese le due incontrano ufficialmente Samantha Power, amministratrice del USAID, e vari membri del Congresso tra cui Marco Rubio.
Di Berta Valle parleremo più avanti, capendo meglio la sua figura; e avremo probabilmente occasione di parlare dei finanziamenti di questa, del marito, e di altri in un ulteriore articolo, nelle settimane più avanti.
Gli fanno eco per tutta l’estate varie testate statunitensi, finendo, sempre di più, in interviste e conferenze, via streaming e non.

Il 19 luglio i sandinisti scendono in piazza in tutte le proprie città, per festeggiare l’anniversario della Rivoluzione popolare, a riprova del fatto che il popolo resta e resterà unito contro gli attacchi imperialistici, e che, almeno la maggior parte di esso, non cadrà alle fesserie dei media borghesi al soldo di Washington, anche dopo gli arresti dei golpisti avvenuti il mese prima.
[Giusto un video girato a Jigualpa, via twitter]

Il 21 settembre gli USA riuniscono il Comitato degli affari esteri (il nome dice tutto, facendosi gli affari degli altri), con il Dipartimento di Stato. L’incontro è stato ospitato dal rappresentante Albio Sires, un “dem” cubano-americano di destra che si era unito all’ex deputata neoconservatrice della Florida Ileana Ros-Lehtinen per scrivere il NICA Act – legislazione del 2018 che richiedeva un blocco finanziario de facto del governo sandinista, passato senza alcuna opposizione al Congresso [articolo molto denso di GrayZone a riguardo].
Una sceneggiata durata 1 ora e 30 dove si è insomma istituzionalizzato il piano destabilizzante. Piani stilati non certo da loro ma, nei dettagli e con ulteriore precisione e brutalità, dalla CIA; un’assemblea che è una solita sceneggiata, visto che tutti leggevano foglietti e raramente prendevano parola con interventi propri… e che interventi!
Discorsi fatti coi piedi da gente che legge dati passati da terzi su un Paese la cui posizione – o esistenza – è loro ignota; ne è un esempio l’intervento del vice segretario Emily Mendrala, video riportato da Benjamin Norton su twitter: qui il link. E la fiera dell’ignoranza non si ferma lì. Il membro del congresso Juan Vargas, intervenendo, ha comparato la situazione a Cuba, dicendo che Fidel Castro “è [ancora] lì da molto tempo. Voglio dire, volevamo liberarci di lui da molto tempo. Abbiamo fatto molte cose per cercare di sbarazzarci di lui, ma non possiamo liberarci di lui“, ignorando che sia morto nel 2016.
Il Dipartimento di Stato ha sottolineato che l’amministrazione Biden sta lavorando a stretto contatto con Unione Europea, Canada, Costa Rica e l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) – organizzazione sin dai tempi di Martí, e anche prima, funge da mezzo con cui gli USA forzano secondo il proprio volere le relazioni diplomatiche e commerciali nel proprio “giardino di casa” – per destabilizzare il governo sandinista.
Sperano innanzitutto di tagliare il commercio del Paese con gli Stati Uniti e di affamarlo economicamente. La retorica esagerata sputata dai relatori è stata integrata con la paura dell’alleanza della Russia e della Cina con il Nicaragua, Paese che hanno definito col classico atteggiamento coloniale come “la soglia degli Stati Uniti”. È impossibile da pensare, per loro, che un Paese limitrofo (e neanche tanto) agli USA abbia relazioni con Paesi ad esso nemico o comunque concorrenti.
Sires e i suoi colleghi neoconservatori al Congresso, tuttavia, non sono contenti della guerra economica che Washington sta già conducendo contro il Nicaragua. Vogliono di più.
Nell’udienza del 21 settembre, ha chiesto al governo degli Stati Uniti e all’Unione europea di imporre sanzioni ancora più aggressive al Nicaragua e di “iniziare a preparare una serie di gravi conseguenze diplomatiche”, oltre all’espulsione dall’OAS e il suo isolamento dai rapporti diplomatici con gli altri Paesi latinoamericani – e vedremo più avanti i frutti –, anche la sospensione del paese dalla Carta democratica interamericana.
Sires è il co-sponsor di uno dei “follow-up” del NICA Act, cioè il Renacer Act, di cui parleremo di seguito, che amplierà le misure coercitive unilaterali mirate all’economia del Nicaragua, aumentando allo stesso tempo le operazioni di spionaggio statunitensi nel paese.
L’udienza del 21 settembre ha chiarito che, nonostante le proteste degli attivisti per la pace a Washington, il Renacer act sarà presto speronato al Congresso con poca opposizione, intensificando così la guerra economica degli Stati Uniti in Nicaragua.
L’audizione ha anche evidenziato, come vanto, una crescente e sempre più influente lobby di destra nicaraguense-americana e il suo diretto coordinamento con elementi estremisti cubano-americani in Florida. [Qui, via youtube, il video completo degli interventi, che stiamo qui riportando, del Comitato degli affari esteri e del Dipartimento USA].
Insieme a Sires è appunto intervenuto il “repubblicano” rappresentante del Tennessee Mark Green, anch’esso co-sponsor del Renacer Act. Anche se Green non è stato in grado di pronunciare i nomi dei golpisti nicaraguensi sostenuti dagli Stati Uniti, ha descritto questi come “prigionieri politici”, rivelando inoltre, come se fosse normale, che i membri della commissione per gli affari esteri “si incontrano regolarmente” con figure dell’opposizione anti-sandinista di destra per coordinare tattiche. Anche la deputata “repubblicana” della Florida María Elvira Salazar, rappresentante cubano-americana delle forze di estrema destra più fanatiche a Miami, si è espressa durante l’udienza. Salazar ha insistito sul fatto che Washington deve intervenire in modo molto più aggressivo in America Latina, affermando disperatamente: “Gli Stati Uniti non sono presenti in questo emisfero!“. Salazar ha poi mostrato le foto di Felix Maradiaga, Arturo Cruz e Juan Sebastián Chamorro, attivisti del cambio di regime nicaraguense sostenuti dal governo degli Stati Uniti che hanno svolto un ruolo cruciale nel tentativo di colpo di Stato del 2018.
Si è poi unito al coro Vargas, che oltre a fare la gaffe sulla presenza mistica dell’eterno presidente cubano, si è lamentato che le operazioni statunitensi di cambio di regime contro Cuba, Venezuela e Nicaragua hanno ripetutamente fallito, dicendo: “Facciamo un sacco di cose per cercare di sbarazzarcene, e non abbiamo molto successo… Abbiamo fatto un sacco di dannate cose contro tutti questa gente, e sembrano ancora sopravvivere.”
Funzionari statunitensi hanno infine dichiarato esplicitamente che Washington rifiuterà di riconoscere la legittimità delle elezioni di novembre. I relatori hanno anche suggerito che l’amministrazione Biden potrebbe persino rifiutarsi di riconoscere la legittimità del presidente Daniel Ortega e dello stesso governo nicaraguense, e farà pressione anche su altri paesi dell’America Latina affinché interrompano i rapporti diplomatici. Tale posizione fa evincere di conseguenza che ci sia già una marionetta pronta ad esser scartata dal proprio pacchetto, seguendo la stessa tattica usata in Venezuela, Bolivia ed altri Paesi latinoamericani e non. Un presidente ad interim riconosciuto (solo) dagli USA e le sue colonie occidentali è quindi ormai scontato; si spera che sarà fallimentare come in Venezuela, e che non provocherà le morti che si sono invece avute in quel lungo e triste anno Bolivia.
Mendrala ha poi affermato: “Continuiamo a lavorare con i governi di tutta la regione, attraverso l’OAS e in altro modo, per continuare” a fare pressione sul Nicaragua, ha affermato. “Stiamo anche lavorando a stretto contatto con l’UE, il Canada e il Regno Unito per coordinare ulteriori misure mirate“. Mendrala ha “accolto favorevolmente il bipartitismo” nella campagna contro il Nicaragua e si è vantata che il governo degli Stati Uniti ha mantenuto il sostegno agli attivisti dell’opposizione di destra e ai media, affermando: “Attraverso l’USAID, continuiamo a sostenere la società civile nicaraguense, i media indipendenti e le difensori dei diritti”. Ha anche rivelato che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti “ha lanciato una campagna sui social media ad agosto” contro il governo sandinista.
Mendrala ha continuato a prendersi il merito in una dichiarazione di giugno all’OAS, che condannava il Nicaragua. “Attraverso la leadership degli Stati Uniti, siamo stati in grado di garantire una coalizione molto importante di 26 Stati membri” per sostenere la risoluzione dell’OAS anti-Nicaragua, ha affermato.
Insieme a tutti i criminali di guerra fin qui riportati, ha partecipato anche l’ex presidente neoliberista del Costa Rica Laura Chinchilla, evidenziando come il suo governo abbia uno stretto coordinamento con l’amministrazione Biden, uniti ora (anzi già da tempo) anche contro il vicino Nicaragua. Chinchilla ha fatto eco al commento estremo dei suoi omologhi statunitensi, citando “la strategia militare di Ortega di aumentare la cooperazione con la Russia“, per poi soprannominare il Nicaragua “una minaccia alla sicurezza regionale“. Ha anche chiesto di prendere in considerazione i militari, osservando che “l’esercito nicaraguense [è] un attore chiave nella resistenza del regime“. Suggerimento non così velato che Washington dovrebbe ingraziarsi i generali nicaraguensi per cercare di rovesciare il presidente Ortega. Basandosi praticamente in toto su una strategia statunitense utilizzata già più volte contro il Venezuela, Chinchilla ha poi suggerito che Washington avrebbe dovuto accusare i massimi funzionari del governo nicaraguense di “riciclaggio di denaro e traffico di droga”; un’accusa palesemente assurda.
Da sempre Chinchilla, nel corso della propria pseudo-presidenza, ha avuto relazioni con Washington. Oggi è co-presidente dell’influente gruppo di lobby con sede a Washington “Inter-American Dialogue”. Questo febbraio, ha partecipato ad un gruppo di funzionari neoliberisti centroamericani presso il think tank sostenuto da varie multinazionali – a cui ha partecipato anche l’inviato speciale di Biden, Ricardo Zúñiga – convocato per consolidare la politica dell’amministrazione centroamericana [articolo di GrayZone a riguardo].
L’evento di febbraio aveva accennato le tattiche che Washington e i suoi clienti regionali avrebbero usato per destabilizzare il Nicaragua, incluso il potenziale riconoscimento dell’oligarca multimilionaria, finanziata dal governo degli Stati Uniti, Cristiana Chamorro come “presidente ad interim” in stile Juan Guaidó, Añez, Tikhanovskaya, ecc.
Il governo sandinista ha poi sventato quei piani arrestando senza peli sulla lingua e ripensamenti Chamorro, con l’accusa di riciclaggio di denaro sporco [articolo 1 di GrayZone sul tema e sui finanziamenti statunitensi all’opposizione nicaraguense; articolo 2 degli stessi e sullo stesso tema, citato anche da TeleSUR].

Tra altri potenziali Guaidò della situazione, e che hanno avuto parola alla riunione del Comitato del 21 settembre, troviamo l’attivista di estrema destra nicaraguense Berta Valle, moglie del leader del colpo di Stato Felix Maradiaga, un agente politico addestrato negli Stati Uniti che ha svolto un ruolo importante nel fallito tentativo di colpo di Stato del 2018 – una storia che ricorda un po’ la Bielorussia, con la Tikhanovskaya, moglie del golpista Tikhanovsky, o la moglie di Navalny, in prossimità di prendere le redini naziste del marito dopo la sua incarcerazione; da notare inoltre che, così come il bielorusso e il russo sono blogger e vlogger, la Valle è una conduttrice televisiva: i media sono la colonna portante per fare un golpe.
Maradiaga, cresciuto ed educato negli USA, è stato a lungo coltivato dal governo degli Stati Uniti con l’obiettivo di destabilizzare il governo sandinista. Sebbene la sua base di appoggio nella sua patria sia misera e venga disprezzato dai sostenitori sandinisti che lo ritengono responsabile della destabilizzazione del Paese più di tre anni fa, Maradiaga è rimasta una delle principali risorse del governo degli Stati Uniti.
Incubato nelle viscere di istituzioni neoliberali d’élite finanziate dalle corporazioni come il World Economic Forum, Maradiaga ha guidato una serie di ONG e thino tank, come l’Institute for Strategic Studies and Public Policy (IEEPP), che utilizzano abbondanti finanziamenti dai ritagli della CIA per condurre una guerra ibrida contro il governo del Nicaragua.
Come suo marito, Valle è stata addestrata dal World Economic Forum, un noto simbolo dell’oligarchia finanziaria globale. Valle fa orgogliosamente parte della Global Shapers Community del WEF, un’iniziativa internazionale per creare leader neoliberisti che poi spingono politiche di destra in tutto il mondo a beneficio delle grandi società e dei plutocrati miliardari che finanziano il WEF. Membro privilegiato della minuscola classe delle élite benestanti del Nicaragua, Valle si è fatta un nome come personalità dei media nelle principali testate di destra del Paese, come Vos TV.
Nella sua testimonianza all’udienza del Congresso, Valle si è lamentata del fatto che il “governo nicaraguense sta sostenendo che Felix [Maradiaga] e altri facevano parte di una cospirazione globale per utilizzare risorse straniere, tra cui l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, l’Istituto repubblicano internazionale e il National Endowment for Democracy, per danneggiare gli interessi della nazione”. Che abbiano fatto questo è innegabile; è un fatto oggettivo. I registri pubblici mostrano che le organizzazioni guidate da Maradiaga, come l’IEEPP, hanno ricevuto enormi somme di denaro da questi ritagli della CIA. È abbastanza ironico che Valle abbia menzionato queste accuse come se fossero ridicole, perché le accuse del sistema giudiziario nicaraguense contro Maradiaga e altri golpisti sostenuti dagli Stati Uniti sono state in realtà confermate da ciò che il funzionario del Dipartimento di Stato, Mendrala, ha detto nella stessa udienza. Inoltre, lo stesso Dipartimento di Stato si è vantato in una dichiarazione pubblica il 14 settembre secondo cui “il governo degli Stati Uniti continua a sostenere le organizzazioni della società civile, i difensori dei diritti umani e i media indipendenti” in Nicaragua, fornendo nel complesso, in questi ultimi 4 anni, più di 10 milioni di dollari. Il marito di Valle, Maradiaga, è stato uno dei principali destinatari di questo sostegno materiale straniero.
Nelle sue dichiarazioni, Valle ha anche rivelato che si è coordinata con i membri di spicco del governo degli Stati Uniti e ha insistito per una maggiore ingerenza degli Stati Uniti in Nicaragua. A luglio, come abbiamo infatti sopra citato, Valle e altri nicaraguensi di destra si sono recati a Washington per incontrare i membri del Congresso, tra cui Marco Rubio.
Oggi, per ora, Valle vive negli Stati Uniti e, con il sostegno attivo del governo di questi, ha lavorato per costruire una lobby anti-sandinista nicaraguense-americana, similmente alla macchina politica dei gusanos anti-rivoluzionari a Miami. I suoi sforzi e quelli dei suoi sostenitori a Washington stanno già dando i loro frutti, con un’escalation della guerra economica nel suo Paese di nascita.

[Thread interessante di Max Blumenthal sulle varie figure golpiste nicaraguensi e imperialisti statunitensi: thread su twitter]

Il 28 settembre all’assemblea dell’ONU il rappresentante del Nicaragua denuncia fermamente “il sistema irrazionale e oppressivo dello sfruttamento capitalista“, accusando inoltre i Paesi capitalisti di accumulare vaccini e intanto fabbricare armi, meccanismo che “fa parte della creazione spietata del capitalismo selvaggio, un desiderio insaziabile di accumulazione“. Ma non si è fermato qui; il Nicaragua ha sfruttato l’occasione per denunciare (per l’ennesima volta) al mondo intero quello che gli USA stanno preparando in cantina: gli attacchi dei Paesi imperialisti che ostacolano la lotta alla povertà nei Paesi del terzo mondo, tra cui il Nicaragua, “sono la più cruenta pandemia al mondo“, e “non è l’impero statunitense che elegge il governo del Nicaragua; è [un compito] del popolo del Nicaragua“. Le sanzioni degli USA contro i vari Paesi – tra cui, anche qui, il Nicaragua –, “in tempi pandemici, queste misure diventano un crimine contro l’umanità” – [aggiungiamo noi: sempre che non lo siano già in tempi normali].
Il Nicaragua riafferma quindi la sua “solidarietà alle più di 2 miliardi di persone che soffrono per via di tali sanzioni“. Concludendo il breve ma bellissimo discorso, si è rinnovato l’appello alla decolonizzazione dei Paesi del terzo mondo, dell’America latina e in particolar modo della colonia statunitense Puerto Rico.

Il 28 ottobre Berta Valle finisce nelle TV statunitensi con interviste politiche su di lei e il suo marito criminale incarcerato, in quanto visti come eroi dall’impero nordamericano.
[Intervista alla CBS], e da allora si è spinta anche oltre gli USA, iniziando a tastare il terreno per il sostegno occidentale al golpe in Europa, facendosi i giri tra il forum di Oslo e France24, con l’appoggio inoltre del Wilson Center.

Il 3 novembre in USA, la camera dei rappresentanti, con la maggioranza assoluta di 387 voti e il lasciapassare del Senato, approva il Renacer Act più volte sopra citato [qui articolo di GrayZone a riguardo].

È del 5 novembre infine la notizia della censura preventiva di 1.300 account di sandinisti nicaraguensi da parte di facebook ed instagram, mentre twitter ha appesantito i blocchi e i soft-ban. Chiaramente in vista delle elezioni del 7, dove verosimilmente saranno creati, come solito, bot con sede USA che spammeranno messaggi contro il governo gridando ai brogli e al genocidio [notizia delle censure riportata da TeleSUR].

Nonostante tutto ciò, nonostante la pandemia, le destabilizzazioni, ecc., il piccolo e povero Paese del terzo mondo bloccato dalle sanzioni si aspetta di registrare una crescita economica del 2,5% per quest’anno: un obiettivo non da poco conto per il suo contesto, comparato anche agli altri Paesi simili [notizia riportata da TeleSUR].

Vigilia del golpe

E veniamo a noi. Tutti i notiziari occidentali, non più solo quelli statunitensi, stanno iniziando, anzi hanno già iniziato, a lanciare fake news sul Nicaragua e il suo governo, gridando preventivamente ai brogli.
Fremono dalla voglia di golpe anche in santa sede, marionetta degli USA, con “l’appello dei vescovi ad elezioni pulite” [come riportato da Vatican news], con tanto di arcidiocesi di Managua che grida alla mancanza di democrazia [come riportato da Agensir]. Ignoriamo il fatto che abbiano aiutato i golpisti nei loro intenti terroristici, negli scorsi anni e ancora oggi, come trapelato dall’audio del vescovo – rullo di tamburi – di Managua. Audio registrato e fatto trapelare dagli stessi cristiani, i membri della comunità cristiana della chiesa di S. Giovanni Paolo l’Apostolo il 14 of settembre 2018, dove si sente Silvio Báez, vescovo dell’arcidiocesi di Managua, dire di avere il “desiderio di metterlo sotto un plotone di esecuzione” (chiaramente si parla del presidente Ortega); e tale golpe “dovrebbe includere ogni sorta di opposizione al governo“, dagli “opportunisti, abortisti” agli “omosessuali, narcotrafficanti… per raggiungere l’obiettivo finale“. Un bel cristiano. Più avanti ha esplicitamente ammesso, a radio La primerisima, che l’audio registrato e fatto circolare in radio dai propri fedeli era autentico; “era una cosa molto privata e sfortunatamente qualcuno ha registrato“. [Articolo di Popular Resistance, con trascrizione dei passaggi salienti dell’audio; articolo di GrayZone sulle fake news di The Guardian a riguardo]. E i clericali fanatici non si fermano al vescovo; molte figure del clero hanno attivamente partecipato ai vari tentativi dei golpisti d’estrema destra, sia nell’ambito della propaganda (come fanno ancora ora), sia negli episodi particolari, aiutando anche fisicamente a pistare di botte attivisti sandinisti [qui giusto un video youtube a riguardo, con un prete che fa da spalla al picchiatore].
Anche qui in Italia, naturalmente, la borghesia nazionale, zerbino di UE e sopra ancora gli USA, già sbava al solo pensiero di un golpe e migliaia di morti com’è stato in Bolivia: Ansa, Il fatto quotidiano, Notizie Geopolitiche, Affari Internazionali, il defunto L’Avanti!, e l’altrettanto morto Il manifesto.

Insomma, che il piano abbia inizio. Anche se tutto è ormai alla luce del sole, la gente cascherà comunque al copione.