Le elezioni del 25 settembre si avvicinano, e in molti, in questa frettolosa campagna elettorale, si domandano chi votare o cosa fare.

Un’occhiata ai Partiti “antisistema”

Dalla crisi pandemica, che è corrisposta ad una crisi della “democrazia” italiana, sono sorti “per fortuna” vari comitati anti-green pass ed anti-governativi che sono, in certi casi, sopravvissuti ai vari cambiamenti che si sono susseguiti in questi 2 anni, trasformandosi in comitati con critiche più sistemiche piuttosto che tematiche, contro l’Ue e la Nato. È un inizio, ma non possiamo ancora festeggiare dei relativi “successi”. È inoltre da sottolineare ciò che è tristemente rimarcato da tutti i media borghesi: i complottisti hanno davvero inquinato un movimento nato dal basso, ridicolizzando la critica al sistema producendo teorie assurde ai limiti del terrapiattismo. Ma qui il discorso si allungherebbe, e citeremo ancora i complottisti poco più avanti.
I vari comitati validi, comunquesia, si stanno sviluppando più a livello locale che nazionale – e di ciò non possiamo esserne stupiti, essendo il classico e giusto processo di formazione di un comitato. C’è chi ha voluto forzare la mano lanciando, con la solita megalomania, comitati unitari nazionali, unendo di fatto il nulla e lanciando se stessi in maniera autoreferenziale. C’è chi ha voluto forzare la mano proponendosi come (unici) salvatori del Paese, lanciando ultimatum apocalittici qua e là invitando a confluire nello stesso partitozzo. C’è chi è spuntato dal nulla sperando in qualcosa. Insomma, il movimento popolare antisistema è tristemente indietro, e queste mosse non aiutano e non aiuteranno di certo a farlo avanzare. Non si deve ragionare come fanno i partiti borghesi antidemocratici, o finiremo per diventarne uno (come avviene sempre).
Dopo questo preambolo, diamo una rapida occhiata a chi, retoricamente autoproclamatosi “antisistema”, desidera rappresentarci:

I finti antisistema:

Troviamo “Alternativa per l’Italia”, che è composta dal popolino della famiglia guidato da Adinolfi e dall’altro fasciotardo Di Stefano. Dobbiamo commentare? Uno alleato storico del “centrodestra” nelle elezioni locali e negli eventi nazionali, e l’altro a capo di un partitozzo squadrista e fallimentare che ha come chiodo fisso Predappio e gli immigrati. Qual è il sistema che criticano? Ne fanno interamente parte.

Troviamo ancora il “Movimento 5 stelle” con l’ex presidente del consiglio Conte, che si è alleato prima con Lega e poi con PD, dando poi supporto a Draghi – almeno fino alla prevalicazione della necessità di fare campagna elettorale. Eh sì, perché ogni sorta di finta opposizione “da sinistra” al governo Draghi è stata mera retorica, finalizzata alla campagna elettorale. Del denso programma “di sinistra” del M5S è rimasto di fatto solo il reddito di cittadinanza – fatto anche male, ma meglio di niente, in quanto ha assicurato un po’ di ossigeno a molte famiglie sull’orlo del baratro. Tutto il resto è stato cancellato, e il Movimento è diventato di fatto una costola di tutto il resto dell’arco parlamentare. Lo stop alle armi? Hanno votato per mandarle. L’aumento della spesa pubblica per la Nato? L’han già fatto con i governi Conte. È stata ribadita più volte la posizione supina rispetto all’Ue e alla Nato. Con questa mossa – non di certo stupida –, sfiduciando Draghi, hanno solo cercato di guadagnare parzialmente ciò che hanno perduto. Ma cosa vogliono guadagnare in un mese di vecchio grillismo, dopo anni di tradimenti del proprio elettorato?

I parzialmente antisistema:

C’è “Vita”, guidato da Sara Cunial, Movimento 3V, A.I. Stop 5G, No Paura Day. È considerabile antisistema? No, e il motivo è scontato: ci si impunta su un singolo tema – che oggettivamente attira solo complottisti – senza svilupparlo in una critica al sistema in toto. La critica a quello che si reputa il male, il demonio, rimane lì, quasi alla teologia, alla metafisica, senza identificare il nemico reale e il perché lo sia: la borghesia e il sistema (economico, e non solo il suo ramo scientifico) che la rende tale. Per non parlare poi del fatto che non ci sia addirittura alcun programma, se non semplice retorica generica “a sostegno della vita” (e grazie al cavolo). Sull’economia che posizioni si hanno? Non si sa. Sulla politica estera? Non si sa.

Troviamo poi “Italexit” di Gianluigi Paragone, che aveva inglobato, un po’ a sorpresa, “Alternativa” di Cabras. C’è molto da dire su entrambi i partiti: Paragone, sicuramente leader di se stesso ma palesemente finanziato anche dall’esterno, punta sì sinceramente ad uscire dall’Unione europea (e non è poco), ma in chiave non molto diversa dalla Brexit, fortemente atlantista e succube ai dettami di Washington. Paragone si è sì schierato contro le sanzioni e per il dialogo con la Russia, ma non ha mai messo in discussione l’appartenenza alla Nato, spostando l’attenzione più sulla riformabilità di questa, “sperando” in una maggiore voce in capitolo per l’Italia. Idea folle, ingenua o maliziosa tanto quanto sperare di riformare l’Unione europea. Alternativa, d’altro canto, ha membri di spicco come Petrocelli e Forciniti che hanno espresso senza peli sulla lingua le proprie decise posizioni, uno contro la Nato e l’altro contro il regime draghiano nel campo delle “restrizioni pandemiche” (strumentalizzate dal governo). Il programma ufficiale del Partito degli ex-pentastellati risoluti, tuttavia, non prevede esplicitamente una secessione dall’impero atlantico, e ciò fa mal pensare sugli intenti reali dell’organizzazione – o almeno dei suoi leader, che son finiti per allearsi appunto con Italexit, per poi dividersi definitivamente tornando sui propri passi, in quanto Paragone insisteva arbitrariamente per la candidatura di diversi soggetti neofascisti con cui Alternativa non voleva assolutamente avere compagnia nella lista. Alternativa si è insomma staccata dalla principale contraddizione di quell’unione, ma è inevitabile che si sia, almeno in parte, sporcata la faccia, alleandosi con un soggetto atlantista quale è Paragone, in piena raccolta firme.

C’è l'”Unione popolare”, che è composta da Potere al popolo, Rifogn.. Rifondazione comunista, e altre sigle minori come ManifestA, ed è capeggiata dall’ex sindaco di Napoli De Magistris… quello che tirava la giacchetta a Conte chiedendo di creare un’alleanza con lui. Di diritto-umanisti arcobaleno che pur di avere un posto in parlamento fanno accordi con la loro antitesi forse ne abbiamo avuti abbastanza.
Il programma e la retorica consiste nel vuoto “stop alle armi” (in virtù della dottrina fascio-trotskista del “né né”) e a una lotta all’ultimo sangue per i diritti civili: cannabis e diritti lgbt, oltre alla distruzione della lingua italiana con l’inserimento di nuove lettere che puntano a trasformarlo in uno strano dialetto simile alla nuova moda social degenerata del corsivo. Inutile dire quanto questi Partiti abbiano ignorato le contraddizioni politiche degli ultimi governi, e di quanto ignorino la politica estera, cioè il campo in cui la nostra alta borghesia dà “il meglio di sé” sterminando interi popoli. La soluzione a ciò, secondo loro, è “stop alle armi”.

C’è infine “Italia sovrana e popolare”, composta dai principali partiti di sinistra come il Partito Comunista, Riconquistare l’Italia, Ancora Italia, ma anche Azione Civile, Rinascita Repubblicana, Comitati No Draghi, Italia Unita, ed altre sigle e individui di minore influenza. Ci sono molte critiche da fare, così come ci sono da ammettere diversi pregi.
I partiti in questione sono piuttosto eterogenei e variegati, ed è ammirabile l’alleanza che è stata fatta. È oggettivo il fatto che tutta la lista non abbia legami con l’alta borghesia italiana o occidentale, e che, al massimo, rappresenta una parte della piccola borghesia nazionale. Ciò è l’alleanza di cui l’Italia ha idealmente bisogno, ma non possiamo scordarci le varie ambiguità dei diversi partiti presi singolarmente. Il PC che, con le sue manie di protagonismo e il verticismo antidemocratico, non fa altro che pensare all’elettoralismo fine a se stesso ignorando la lotta extraparlamentare, ha snobbato, preferendo schierarsi con timidezza su ambedue i fronti contrapposti, la causa e la lotta di una fetta non indifferente dei lavoratori schifati dalle politiche repressive ed anticostituzionali del regime di Draghi. Rizzo, il cui partito già da anni e con mille piroette vive di espulsioni ed epurazioni, ha superato sé stesso… pur di far andare in parlamento il suo unico elettore – Rizzo appunto – ha praticamente sciolto quel che rimaneva del partito…
È da riconoscergli che, dopo il parziale flop del Comitato 27 febbraio – volto a inglobare rizzocentricamente sigle socialiste minori –, il PC ha compreso la necessità – sia propria che per il popolo italiano – di allearsi con altre sigle antisistema. Le critiche sull’elettoralismo possono continuare, ma non è l’obiettivo di questo articolo-comunicato, ed è da dire che, restando nella logica prettamente elettoralistica, l’unione con gli altri Partiti è stata finalmente una mossa giusta.
Riconquistare l’Italia, partito non di certo comunista ma sicuramente socialisteggiante, secondo noi, pecca anch’esso di puntare solo ed esclusivamente alle lotte elettorali, ed è apprezzabile che finalmente abbiano deciso di schierarsi con altri, accettando di accostare il proprio simbolo ad altri. In quanto non comunista, è ovvia la nostra critica in ambito economico verso il Partito, ma il loro programma è certamente un decisivo passo avanti rispetto al liberismo odierno.
Ancora Italia, seppur il più favorito nei consensi rispetto agli altri due citati, è il più ambiguo sui svariati temi. Si è sì schierato più aspramente, insieme anche ad altri, contro le politiche repressive draghiane, ma è anche quello più indecifrabile e forse indeciso sui temi più importanti nella critica verso il sistema nel suo complesso: l’economia e la politica, nel senso più pratico e generale della parola. Giocano a fare i filo-russi, ma non mostrano mai il carattere anti?fascista della resistenza in Donbass.
Ci sono poi individui indipendenti che sono stati candidati con la lista, come il Giornalista (con la g maiuscola, qualità ormai rara) Giorgio Bianchi, che da anni fa reportage indipendenti nel Donbass martoriato dai nazisti ucraini; il suo altrettanto valido collega Fulvio Grimaldi; il Filosofo Andrea Zhok, che si è dimostrato essere un grande intellettuale capace di tener testa ai vari nemici di sistema quelle poche volte che è stato anche invitato nei canali televisivi (senza scordare poi i suoi articoli con i fiocchi); ma anche lo Scrittore Paolo Borgognone, il medico sospeso perché non vaccinato Daniele Giovanardi, Enzo Pennetta, Gianni Vattimo, e individui che con una candidatura politica probabilmente avevano poco di adatto, come il vlogger (comunque antisistema) Lambrenedetto e l’attrice Gina Lollobrigida, la cui candidatura punta palesemente ad attirare voti di chi alla politica si interessa davvero poco e segue gli esempi di qualche “star” (nel secondo caso, di tempi un po’ passati).

Sono questi tutti i degni di nota e di critica secondo noi. Dunque chi votare?
Noi non ci esprimiamo, perché non possiamo che notare critiche che – seppur imparagonabili a quelle che si meritano i partiti neonazisti come PD, e il “centrodestra” – pesano comunque come macigni sulle varie liste. Con tutte le contraddizioni che hanno, non riusciranno mai, neanche idealmente (visto che nella pratica lo sappiamo tutti che non avranno “i numeri”), a governare. Si spera che certi di questi potranno rappresentare almeno una fetta della popolazione, questo sì; ma ciò servirebbe soprattutto per metterli alla prova ed eventualmente dar loro la possibilità di migliorarsi con l’esperienza o per svelare all’elettorato la loro vera faccia in parlamento, se si cela altro dietro la maschera elettoralistica.

Votare o non votare?

Premettiamo che votare alle elezioni parlamentari borghesi sia una pagliacciata e poco influente nella politica.
Come diceva giustamente Rousseau nel Contratto sociale, “Il Popolo (…) si crede libero, ma è in grave errore; è libero solo durante l’elezione dei membri del parlamento; appena avvenuta l’elezione, è schiavo; è niente. Nei suoi brevi momenti di libertà ne fa un uso per cui merita senz’altro di perderla.
Ignorando comunque la contraddizione della democrazia rappresentativa, che rende già di per sé illegittima l’elezione, è da ammettere che sono più di 30 anni che le condizioni dei lavoratori arretrano pur avendo (o avuto) tutti i colori al governo – chiaramente mai comunisti o socialisti, ma comunque partiti che avevano programmi anti-sistema (spesso in parte, spesso in toto, pur con fini profondamente riformistici). Che senso ha votare un parlamento che ormai è inutile anche in senso borghese, poichè votato a colpi di fiducia? Che utilità hanno i partiti antisistema? Ogni volta che c’è un pur piccolo tentennamento spuntano partiti che hanno sempre come ideologia un certo “nuovismo”: il partito dell’uomo qualunque, la lega nord, il movimento 5 stelle. Non è un caso; i partiti antisistema sono o apertamente bruni o “rosso”bruni… in entrambi casi il bruno è il colore che prevale…

Non dobbiamo cadere insomma nell’illusione che questa forma di voto pseudo-decisionale e pseudo-democratico sia un’occasione per esprimere la nostra sovranità: essa esprime tutt’altro, esprime la nostra sudditanza a terzi.
Tornando a noi, però, se nessuno dei Partiti autoproclamatisi “antisistema” sono reputabili antisistema, cosa fare? La prima risposta che verrebbe in mente è l’astensione, il non andare a votare.
Potrebbe essere un’opzione, ma esiste anche la carta bianca e il voto annullato.
Escludiamo innanzitutto la carta bianca, in quanto – checché se ne dica dell’affidabilità dei seggi – c’è più possibilità che la scheda venga manomessa con una semplice e rapida X a matita.
Parlando del voto nullo e dell’astensione, c’è invece molto su cui parlare.
L’astensionismo è sia negativo che utile per la borghesia. È negativo perché attualmente il sistema parlamentare borghese si spaccia per “democratico”, e un alto tasso di astensionismo mina la narrativa secondo cui il nostro sia un sistema politico che funziona e che sia, appunto, “democratico”. L’astensionismo è insomma negativo per l’immagine che la borghesia cerca di spacciare per il proprio sistema, e proprio per questo, sempre più, tentano di portarsi avanti con lo scenario dell’aumento inevitabile dell’astensione, affermando qua e là, per bocca di “opinionisti” e “ideologi” vari, che il diritto di voto sia troppo universale e scontato e che solo certi, istruiti e “cittadini attivi”, dovrebbero votare.
L’astensionismo è allo stesso tempo universalmente utile alla borghesia perché esso simboleggia la rinuncia del popolo a puntare ad una rappresentanza, anche falsa che sia, in parlamento, e il sistema elettorale diventa di fatto, anche se per ora non de jure, partecipato solo da chi si sente rappresentato dai rappresentanti borghesi, quindi solo i borghesi (o filo-borghesi).
L’astensionismo in questo frangente storico non è inutile (per via, appunto, del danno che si arreca all’immagine del sistema politico vigente) ma non è neanche considerabile come la scelta più auspicabile.
Le schede annullate, d’altro canto, danno un’immagine diversa, perché stanno a rappresentare la volontà dei votanti che si sono recati comunque, nonostante tutto, presso il seggio elettorale, ma che, al momento del voto, non si sono sentiti rappresentati da nessun partito. Ha la stessa valenza positiva dell’astensionismo, ma non i suoi aspetti negativi.
L’astensionismo può esser strumentalizzato dalla borghesia dicendo che la massa non si interessa alla politica, non si interessa al voto, e si ignora (volutamente) la criticità della mancanza di un Partito popolare, la mancanza di un qualche Partito che rappresenti quella fetta non indifferente di astensionisti. La delusione, la sfiducia, il pessimismo vengono quindi trasformati mediaticamente in disinteresse, incuranza, o perfino ignoranza (con un secondo fine, che è l’abolizione del suffragio universale).
Che fare, quindi? Invitiamo tutti i socialisti a recarsi alle urne: chi per votare una delle liste citate che reputa personalmente antisistema, chi per disegnare una falce e un martello, un “Fanculo tutti”, un “Viva Stalin”, una Z, o qualunque cosa sia, in modo tale, nel proprio piccolo, da farsi sentire.

Una cosa però è certa: le elezioni borghesi non sono la soluzione. Si può puntare a qualche minima rappresentanza in parlamento, ma pensare di poter cambiare qualcosa con questi mezzi è folle. Il parlamento deve sì essere un mezzo, ma un mezzo per la politica extra-parlamentare. Posizionarsi con coerenza contro le politiche liberiste all’interno del parlamento, durante la prossima legislatura, potrà far guadagnare fiducia a noi socialisti in generale, rendendo il parlamento di fatto una vetrina, e non una soluzione.
Ma che i socialisti imparino a far politica fuori, tra le persone, tra i delusi, tra i poveri, tra chi ha compassione e vuole cambiare questo mondo. Ci auspichiamo che ci siano più sommosse che voti.