Scritto in un forzato esilio francese, “Marcia su Roma e dintorni” di Emilio Lussu riesce a far percepire la sottile linea di confine che separa la pagliacciata dalla cruda realtà, linea che spesso e volentieri è attraversata quando ad un generico sentimento di rivalsa si unisce l’incapacità di mettere in atto una tanto più velleitaria tanto più violenta tirannia retta dalla forza. Così figure marginali o emarginate, come psicotici, ignoranti “aristocratici” di provincia, rampolli del notabilato locale o figlio di qualche latifondista cresciuto a pane e disprezzo per i sottoposti divengono gli attori di una grande messinscena, più o meno consci di recitare una parte che vale finché la credenza in essa è condivisa dal gruppo, finché regge l’incanto del teatro. Così si agghindano coi loro costumi, le camicie nere, e le loro insegne e i loro nomi, il più grotteschi possibile, così danno inizio allo spettacolo, diretti dal loro Capo, che prenderanno a chiamare “Duce”, alla maniera dei latini. Ma qui si varca la linea, perché questi pagliacci, sintesi di impulsi antisociali volti a scopi prettamente sociali, ossia il mantenimento dello status quo, sono armati, e non si fanno remore se spalleggiati dalle autorità ad usare i loro strumenti. Non si contano i morti, le aggressioni, le violenze più o meno politiche che Lusso narra da spettatore o da protagonista, ma tutto ciò è caratterizzato da un alone surreale che spinge tanti, troppi testimoni a sottovalutare il fenomeno. Da Facta e il suo “nutrire fiducia” al Re soldato che prospetta un paio di mesi di governo si passa in poco tempo alle persecuzioni, al delitto Matteotti, alle “leggi fascistissime”. E come non menzionare tutta la schiera di “sinceri democratici” colti da acute crisi di coscienza che porteranno loro ad aderire progressivamente al Regime, ora per paura, ora per solitudine. In mezzo a tutto questo svetta la figura di Lusso e di pochi altri, che verso la fine della terza decade del secolo scorso saranno mandati al confino, in veri e propri campi di prigionia aventi lo scopo di umiliare e spezzare l’animo di ogni resistente. La coerenza si paga con la prigionia, che però non riesce a soffocare la volontà di essere liberi. E dunque i tentativi di fuga, 5, dall’Isola di Lipari, dalla quale riparare in Francia. Ad un movimento antifascista distrutto dall’apogeo del Regime Lussu insegna a resistere, e da a noi contemporanei un’ottima lezione sia contro il fatalismo sia contro l’eccessiva sicurezza che porta alla rovina: “Il mondo non va né a destra né a sinistra, Il mondo continua a girare intorno a se stesso con regolari eclissi di Luna e di Sole”.